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Quale chiesa di papa Leone XIV?
1. Il vento conciliare nel libro di Armando Poggi
Il coraggioso libro di Armando Poggi, che ho pubblicato
nella collana da me diretta-intitolata Scenari presso le Edizioni La Valle del
tempo di Napoli (Pianticelle divelte? Il vento conciliare nei sinodi delle
chiese particolari, Intevista di Pasquale Giustiniani [Scenari/4)],
Napoli), ricorda - tra i tanti aspetti ecclesiali e sociali -, «la capillare
riflessione svolta, non soltanto a Napoli» con esiti che risultarono, in
mezzo al clero partenopeo circa il celibato sacerdotale, «non del tutto
“allineati” (in alcune diocesi del Sud i giornali semplificarono con lo slogan
“i preti si vogliono sposare”)». Ciò, ricorda Poggi nel testo, «si può
evincere dal fatto stesso di un telegramma che il Presidente della CEI, card.
Antonio Poma, sentì di trasmettere, il 26.2.1970, a papa Paolo VI. In esso
egli, in prospettiva rassicurante, conferma l’unanime decisione della plenaria
CEI sul fatto che il celibato del clero è “per nostra Chiesa bene
irrinunciabile del quale si avverte più che mai necessità”» (Pianticelle
divelte?, cit., p. 16).
È la presa di distanza chiara, condivisa dal clero di
Napoli, anche se attutita da parte del card. Ursi nella sua modalità di non
trasmissione degli esiti alla CEI, che voleva allora essere un no netto al
clericalismo, come s’intitola il capitolo IV del libro di Poggi. L’Autore,
riprendendo quella vecchia tesi condivisa del celibato facoltativo per i preti
della Chiesa di rito latino, usava l’argomento che il matrimonio, permesso ai
preti di rito latino, sarebbe stato anche equilibratore rispetto alle nuova
forme e modalità di convivenza simil-matrimoniale, diffusesi nel frattempo: «Chi
è integrato armonicamente nel suo genere, non soltanto si esercita nel
celibato, ma rifugge da ogni tipo di abuso sugli altri. Ecco perché è almeno da
papa Giovanni Paolo II che, inserendosi sulla grande discussione circa le
cosiddette teorie di genere, la Chiesa depreca gli abusi sessuali sui giovani e
minori da parte di membri della gerarchia cattolica» (p. 54).
In sintesi, Poggi appare assai critico non soltanto sulla
questione del celibato, nei confronti di papa Paolo VI, che pure era stato il
“timoniere” dell’arrivo in porto del Vaticano II. Si legge testualmente nel
libro di Poggi: «il secolare tradizionalismo sclerotico e statico, sempre
vivo e vegeto nella Chiesa, momentaneamente interrotto dalla voglia di
cambiamento indotta dal Concilio ecumenico Vaticano II: voluto e convocato da
un uomo di Dio, Papa Giovanni XXIII, fu immediatamente ripreso già nella
seconda fase del Concilio, dopo la morte di Papa Giovanni, dal nuovo Papa,
Paolo VI (fosse dipeso da lui, egli non avrebbe mai indetto e celebrato un
Concilio), per cui iniziò, così, una graduale restaurazione» (p. 79).
Un verdetto, senz’appello, di “conservatorismo” e di
“restaurazione”, espresso senz’appello da Poggi, non soltanto per quanto
riguarda la questione specifica del matrimonio dei preti, ma per la visione di
famiglia e di Chiesa, anzi di esplicita chiusura di quel papa al vento del Concilio.
Ora, mi sembra sintomatico che l’esordio del pontificato di
papa Leone XVI appaia segnato da una peculiare e iterata verbalizzazione del
tema della sacralità della famiglia tradizionale e dell’unione tra uomo e donna
(che ha suscitato già qualche polemica), peraltro facendo testualmente appello
- come avvenuto lo scorso primo giugno, alla Humanae vitae di Paolo VI.
Così, infatti, papa Leone si è espresso nel corso della
prima udienza al Corpo diplomatico della santa Sede, nel corso della quale ha
commentato le tre parole “pace, giustizia, verità”. Circa la seconda parola,
giustizia, ha testualmente affermato in riferimento a coloro che hanno
responsabilità di governo, che, allo scopo di costruire società civili
armoniche e pacificate, occorra investire sulla famiglia, dando di questa una sua
precisa e tradizionale descrizione:
«È compito di chi ha responsabilità di governo adoperarsi
per costruire società civili armoniche e pacificate. Ciò può essere fatto
anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e
donna, “società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società”. Inoltre,
nessuno può esimersi dal favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di
ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro
all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato».
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