L’episodio
del “vitello d’oro” contenuto nel Libro dell’Esodo (cf,Es 32,4) risulta
emblematico per affrontare una delle questioni più attuali circa il ‘pianeta
adolescenza’ del nostro tempo ovvero l’ondata di violenza tra i giovani. Si
assiste all’affermarsi tra i giovani di un vero e proprio ‘culto della
violenza’, talvolta, feroce, gratuita e inspiegabile come il recente caso di
cronaca in Campania della povera Martina di soli 14 anni, uccisa barbaramente
dal suo fidanzatino per futili motivi. La Parola di Dio in ogni stagione della
storia umana preserva intatta la sua perenne validità educativa come più volte
ha affermato il celebre e compianto teologo Joseph Ratzinger:
«La
Parola di Dio indica all’uomo i sentieri della vita e gli rivela i segreti
della santità»[1].
La
Parola di Dio è utile e attuale perché la coscienza di cui ogni essere umano è
dotato necessita di essere ‘educata’, ‘formata, al fine di evitare il male e
compiere, invece, il bene. Da un’attenta lettura dell’episodio del vitello
d’oro si possono fare delle considerazioni: perché il popolo di Israele dopo
aver sperimentato la potenza di Jahve e aver visto con i propri occhi il
realizzarsi della liberazione dalla schiavitù egiziana avverte il bisogno della
ribellione? Un gesto ingiustificato considerando i benefici di cui è stato reso
oggetto dall’azione liberante e salvante divina. Una forma di ‘ingratitudine’
intrinseca che nonostante il bene ricevuto si ricambia con il male. Israele
aveva vissuto l’ ‘assenza di Mosè’ come un abbandono e il bisogno di
‘tangibilità’ aveva preso il sopravvento: il popolo ha bisogno di una divinità
(che come gli altri popoli) può vedere, toccare, controllare. L’idea di un Dio
che si manifesta tra la trascendenza e l’immanenza spaventa e richiede il
‘sacrificio’ della fede. Allo stesso modo, alcuni giovani vivono paure e
incertezze legate al futuro, sono attraversati da un senso di precarietà ed
incertezza relativo alla mancanza di lavoro e alla mancanza di affetto da parte
delle figure genitoriali. I giovani sono alla costante ricerca di un piacere
immediato ma effimero: affermazione di sé sui social, pornografia, dipendenza
dalle droghe e dall’alcol procurano in loro una soddisfazione passeggera ma che
terminato l’effetto suscita in essi la sensazione un vortice simile al vuoto
assoluto. Mancano figure di riferimento autorevoli per gli adolescenti del
nostro tempo. Diversi giovani si rendono protagonisti di gesti di violenza
efferata e gratuità nonostante- almeno qui in Occidente- la maggior parte di
essi gode dei maggiori comfort. Si pensi alla subcultura delle gang, ai
fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, al fatto che la società attuale
sospinge sempre più giovani ed adulti al consumo impiantando la logica del: ”tutto
e subito” e del “tutto mi è dovuto”. Stereotipi e canoni di bellezza dominanti
incentrati esclusivamente sull'apparenza si ripercuotono poi negativamente su
non pochi “giovani fragili" i quali vivono la frustrazione di non essere
all’altezza. Sulla base di queste acquisizioni ci si chiede allora perché tanta
violenza? Perché dinanzi ad una relazione che non ha più i presupposti per
continuare rispondere con l’omicidio? Al fine di evitare generalizzazioni
moraleggianti, va precisato che il mondo dell’adolescenza, come ha osservato
Ammaniti, è caratterizzato da diversi paradossi. Pertanto, non tutti i giovani
vivono questo tipo di dinamiche. Alcuni giovani, infatti, sono protagonisti del
cambiamento sociale in atto e sono attivamente impegnati in progetti ed
attività volti all’instaurazione della solidarietà, della giustizia sociale e
dell’uguaglianza nonché della cura e la tutela per il Creato.
Non
si può prescindere dal rilevare - come ad esempio - il sistema scolastico
sempre più complesso insiste sul rendere i discenti degli esperti competenti
del saper ‘fare’ tecnico ma troppo spesso trascura il fatto che la scuola deve
poter insegnare ‘ad essere’, implementando nei discenti la dimensione
dell’interiorità e della conoscenza del sé, allo scopo di fornire loro una
visione globale e critica della realtà.
“Cosa ci guadagno a conoscere la Divina
Commedia di Dante Alighieri ”? A cosa mi serve nella vita?! “Ancora l’Ora di
Religione? Non serve a nulla!”. Questi sono alcuni degli slogan più noti. Molti
giovani vivono il ‘sogno’ di apprendere dalla scuola le competenze necessarie
perché possano raggiungere il successo e conseguire la ricchezza materiale.
Ciò, senza curarsi troppo della questione dell’etica ovvero dell’anima.
Riscoprire il valore educativo e trasformativo delle discipline umanistiche costituisce
un importante passo per poter con ‘sapienza’ contrastare il dilagare del culto
della violenza tra i giovani. La letteratura italiana, la storia, l’educazione
civica, il Diritto, la Religione Cattolica concorrono nelle scuole a fornire ai
discenti un’adeguata formazione integrale della loro personalità. Ciò, al fine
di rendere gli allievi e le allieve dei cittadini adulti, maturi e consapevoli.
Tuttavia, se un genitore dice al figlio/a che alcune discipline deve
affrontarle solo per proseguire gli studi ma che esse non gli consentiranno di
‘guadagnare’ è come predisporsi ad affrontare una battaglia di cui già si ha la
certezza della sconfitta.
I
genitori dovrebbero rivedere le loro posizioni culturali nei confronti di
alcune discipline scolastiche anziché magari invocare l’istituzione di ‘nuove’
materie occorre che essi aiutano i loro figli a dare maggiore valore a quelle
che già compongono i vari curricoli scolastici. Detto questo, il ‘tempo’
costituisce un altro tassello importante per la questione. Molti genitori, data
la complessità della vita odierna, sono costretti ad orari di lavoro
disumanizzanti e non hanno ‘tempo’ sufficiente per fermarsi coi propri figli,
per coltivare con loro dialogo e ascolto, condivisione, sviluppare empatia. A
ciò si aggiungono altri fattori non trascurabili come continui litigi tra
genitori, incomprensioni, la piaga del divorzio, relazioni extraconiugali. Tali
fattori, hanno un peso sul vissuto dei giovani, una profonda incidenza
affettiva. Il mondo degli adulti ignora che certi stili di vita possono avere
delle ripercussioni serie sul vissuto dei loro figli e invece la realtà
dimostra il contrario! Le nuove forme di
disagio giovanile sono delle
conseguenze dipese dai comportamenti degli adulti. La Parola di Dio ricorda che la convivenza
civile è disciplinata da delle regole. La libertà autentica si fonda sul
rispetto dell’altro. L’insegnamento delle Torah
- ad esempio- “Non uccidere” insegna l’inestimabile valore e preziosità della
vita umana. Sensibilizzare i giovani sull’importanza dell’etica rappresenta
un’urgenza e una sfida per il contesto educativo odierno. Incrementare attività
di sensibilizzazione sul tema della violenza, avvalendosi del contributo degli
esperti, costituisce una priorità per la scuola di oggi. Tuttavia, come ha
ricordato di recente anche Papa Leone XIV c’è bisogno di un' alleanza educativa
all’interno della società tra tutti i componenti deputati all’educazione:
Famiglia, Scuola, Chiesa devono e possono dialogare e insieme per ricercare una
soluzione efficace e condivisa per affrontare le nuove emergenze educative che
caratterizzano il contesto sociale attuale. Leone XIV ha indicato come metodo
educativo, per attenuare l’espandersi e l’affermarsi tra i giovani della
violenza e dell’aggressività, la non violenza. Si leggano le sue parole:
C’è
troppa violenza nel mondo, c’è troppa violenza nelle nostre società. Di fronte
alle guerre, al terrorismo, alla tratta di esseri umani, all’aggressività
diffusa, i ragazzi e i giovani hanno bisogno di esperienze che educano alla
cultura della vita, del dialogo, del rispetto reciproco. E prima di tutto hanno
bisogno di testimoni di uno stile di vita diverso, nonviolento. Pertanto, dal
livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, quando coloro
che hanno subito ingiustizia e le vittime della violenza sanno resistere alla
tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili di processi
nonviolenti di costruzione della pace. La nonviolenza come metodo e come stile
deve contraddistinguere le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre
azioni[…]. Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace.
Promuovere
‘istituzioni di pace’ significa aiutare i giovani a fare esperienza della forza
trasformativa dell’amore. Pertanto, occorre che genitori, docenti e varie
figure educative rappresentino per i giovani dei modelli di vita credibili.
Testimoniare nel concreto che vivere la pace è possibile a partire dalle
piccole realtà concernenti la vita quotidiana. Testimoniare che le relazioni sane,
sia dal punto di vista familiare che sentimentali esistono e sono possibili.
Giuseppe Lubrino
[1] Cfr. Benedetto XVI,
Pensieri sulla Parola di Dio, (a cura
di L. Coco), Libreria Editrice Vaticana 2008, p.23.