L’attualità della pedagogia del metodo educativo di San Giovanni Bosco (1815-1888)
Per comprendere appieno la ricchezza e l'attualità della pedagogia di Don Bosco, attraverso l'applicazione del suo metodo educativo "preventivo", è essenziale considerare il contesto storico ed educativo in cui operò. Il 1800 in Italia fu il secolo del Risorgimento e della rivoluzione industriale, un'epoca di ricerca dell'identità e dell'unità nazionale. In ambito educativo, prevaleva il metodo "repressivo", basato sulla "punizione" e il "castigo" per "correggere" i comportamenti indesiderati degli allievi. Questa ‘pedagogia del terrore’, in alcuni casi, allontanava i giovani dalla scuola e dall'istruzione, costringendoli a intraprendere la dura strada del lavoro sottopagato o, addirittura, a cadere nella delinquenza.
San Giovanni Bosco, vivendo e operando nel nord Italia, avvertì fin da giovane una ‘chiamata’, una forte inclinazione che lo spinse ad abbracciare il sacerdozio cattolico e, parallelamente, a dedicarsi all'educazione dei giovani. È in questo contesto che egli teorizzò il metodo preventivo, partendo da un approccio non sistematico, poiché Don Bosco non si considerava un pedagogista nel senso stretto del termine. Questo approccio educativo si fonda sui principi di ragione, religione e amorevolezza. La relazione educativa è il fulcro di questo metodo: l'educatore, per "prevenire" comportamenti inappropriati, deve instaurare con i discenti un rapporto basato sull'amorevolezza, la fiducia e l'empatia. L'educatore si pone come compagno di viaggio e guida per l'educando.
Questo metodo rivoluzionò il pensiero pedagogico-educativo
dell'epoca. Don Bosco, nel teorizzare e applicare tale metodo, partì da una
visione antropologica positiva, derivata dalla Bibbia e dal Cristianesimo:
l'essere umano è capace di bene, nonostante la sua inclinazione al male. Il ‘peccato
di Adamo’ ha deturpato, ma non ‘distrutto’ - come sosteneva il giansenismo,
ancora influente in quegli anni - il cuore dell'uomo, rendendolo resistente
alla realizzazione del bene. Tuttavia, con l'approccio giusto e l'aiuto della
grazia divina, l'uomo, e in particolare il giovane, è capace di bene. La visione educativa di Don
Bosco si fonda sul
presupposto biblico
che ogni giovane possieda una naturale predisposizione al bene. Questa,
tuttavia, può essere repressa dai condizionamenti del contesto familiare,
scolastico e sociale. L'educatore, quindi, deve impiegare la ragione, la
religione e l'amorevolezza per ‘tirare fuori’ questa predisposizione, farla
emergere e coltivarla nel tempo. A partire da tali presupposti, si comprende
l'ideazione dell'oratorio, ispirata a San Filippo Neri, concepito come spazio e
luogo di educazione e formazione. Questo avveniva attraverso attività ludiche,
ricreative, sportive, musicali, teatrali, uscite e mediante l'educazione alla
fede. Don Bosco riteneva inoltre indispensabile che l'educatore fosse in grado
di intercettare e distinguere l'indole degli educandi, sollecitando le loro
attitudini e valorizzando i loro talenti attraverso una relazione educativa
impostata sull’esercizio di una paternità comprensiva. Così facendo, si possono
‘prevenire’ e ‘correggere’ nei giovani attitudini non buone, si può deragliare
l’instaurarsi di cattive abitudini. Si rende necessario, inoltre, l’esercizio e
l’educazione alla disciplina (indicare delle regole e sollecitarne
l’osservanza), attraverso la vigilanza e la testimonianza di una vita onesta.
L’educatore deve essere credibile e mostrare ai giovani che quanto va dicendo è
concretamente realizzabile. Infine, don Bosco ripeteva spesso quanto segue:
Ricordatevi che
l’educazione è cosa del cuore e che solo Dio ne è il Padrone, e noi non potremo
riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne dà in mano
le chiavi (cf.
O. Sagramola, Educazione e pedagogia in
don Bosco, Sette città (1 aprile 2005), p.46).
Sulla base di queste
acquisizioni, si può rilevare la perenne attualità del metodo preventivo e
dell’approccio pedagogico di Don Bosco. Attualmente, molti giovani,
specialmente durante l'adolescenza, affrontano situazioni di disagio che
derivano principalmente dal loro contesto di vita e faticano a costruire una
solida identità personale.
Nel contesto educativo, si
assiste all'emergere di scenari nuovi e complessi. Fenomeni quali
l'autolesionismo, l'isolamento sociale, i disturbi alimentari e la dipendenza
da droghe e, talvolta, da alcol, sono sempre più frequenti tra i giovani. Con
l'avvento dei social media, sembrano aumentare costantemente anche gli episodi
di cyberbullismo, revenge porn, bullismo e violenza. In
relazione a tali scenari, si solleva la questione del metodo preventivo: come
si articola?
Un esempio concreto di
applicazione del metodo preventivo può essere illustrato come segue:
In una scuola secondaria di
secondo grado, presso un istituto tecnico periferico, un docente di Religione
Cattolica si è trovato ad affrontare una situazione di bullismo in una classe
di manutenzione e assistenza tecnica del quarto anno. Osservando un alunno con
un atteggiamento prevaricatore e aggressivo nei confronti dei compagni, il
docente ha scelto un approccio diverso dalla semplice applicazione di un
provvedimento disciplinare.
Invece di punire, il
docente ha optato per un intervento educativo mirato. La settimana successiva,
ha proposto una lezione sull'importanza della cura del prossimo, con
particolare attenzione ai più vulnerabili. Ha fatto leggere agli studenti il
brano del "Buon Samaritano" (Lc 10, 25-37), contestualizzandolo per
spiegare l'importanza di coltivare atteggiamenti di cura, rispetto e
accoglienza (ragione).
Successivamente, il docente
ha affrontato il problema della violenza e del bullismo in relazione ai valori
etici del Cristianesimo (religione). Infine, attraverso il dialogo e l'empatia,
ha organizzato un circle time sul
tema, stimolando il confronto e la riflessione tra gli studenti (amorevolezza).
In questo modo, il docente,
utilizzando il metodo preventivo, ha svolto un'opera di prevenzione e contrasto
al bullismo, sensibilizzando i giovani sul fenomeno della violenza.
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