In occasione della celebrazione del Dantedì, le classi del triennio del Liceo Scientifico Statale Leonardo Da Vinci di Vairano Patenora (CE) incontrano il professore Pasquale Giustiniani per
discorrere del rapporto tra Ragione e Fede
nella Divina Commedia.
Il professore risponde alle domande delle
due giovani giornaliste del “da Vinci”
discorrere del rapporto tra Ragione e Fede
nella Divina Commedia.
Il professore risponde alle domande delle
due giovani giornaliste del “da Vinci”
Cosa può insegnare un poeta del
Medioevo come Dante all’uomo di oggi?
Come tutti i poeti, se sono veri poeti, sono uomini o donne di sempre. Pertanto, Medioevo o non Medioevo, quando i poeti sono tali - e Dante è un grande poeta - insegnano. Quindi non dovremmo collegarli all’età o al periodo. Inoltre sul Medioevo ci sono tante dicerie infondate; molti dicono: “ahimè, torniamo al Medioevo” quasi a voler indicare un ritorno al passato, al vecchio, a qualcosa di obsoleto. Quando sento affermazioni di tal genere, io rispondo sempre: “volesse il cielo tornassimo al Medioevo!”, perché è un periodo splendido. La sola Divina Commedia, già basterebbe per dire che è un periodo culturalmente rigoglioso. Bonaventura da Bagnoregio, Tommaso d’Aquino sono medievali. Giovanni Duns Scoto è un medievale. La filosofia moderna e la teologia moderna non si comprendono senza la stagione precedente.
Nella commedia le tre guide di Dante rappresentano i tre lumina. In questo modo Dante spiega il binomio Ratio et Fides?
Sì, soprattutto il canto XII di cui parleremo tra poco presenta un personaggio di aria francescana, Bonaventura di Bagnoregio che tesse le lodi del cielo, del sole - quindi le varie luci che appaiono - perché nel Paradiso tutti i beati sono luminosi e quindi creano delle coreografie danzanti che si spostano da una parte all’altra del “quadro”. Attraverso Bonaventura, Dante fa le lodi del grande domenicano, il fondatore dei domenicani, San Domenico di Guzman, così come nel canto precedente Tommaso d’Aquino aveva tessuto le lodi del fondatore dei francescani, Francesco d’Assisi. Potremmo definirlo uno “scambio di cortesie” tra i fondatori dei domenicani e dei francescani.
Al giorno d’oggi Dante sarebbe veramente un intellettuale di destra, come ha affermato il ministro della cultura San Giuliano?
Penso che sia eccessivo, forse voleva solo dire che politicamente non è stato tra quelli ''radical-chic'', come li chiameremmo oggi. Sicuramente si è trovato esule per una presa di posizione che oggi potremmo chiamare un po’ di destra, perché fondamentalmente si è messo contro l’establishment di Firenze e quindi l’ha pagata cara. Se Dante si può dire di destra o di sinistra - ma sono categorie contemporanee - io tirerei le conclusioni così. Certamente è un po’ troppo definire Dante di destra o di sinistra. Forse essendo al potere San Giuliano che fa parte di un governo di destra, ha voluto tirare acqua al suo mulino
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