Books&Museum, 25 maggio 2025
Discussione del volume: Giuseppe Ferraro, Le idee cadono dal cielo. La riforma di Giordano Bruno e l’amore di Platone (La bottega delle idee/1), IOD edizioni, Noventa padovana (Pd), 2024, pagine 222.
Giuseppe Ferraro apre, con questo volume in due parti, la collana che dirige presso IOD. Come ci spiega, «l’idea è quella di aprire una collana, un inserto di libri che nel corso dell’anno raccolga fra le cose che accadono le cose che si sono perdute [questo primo volume, il testo è stato raccolto da Maria Rosaria Valdo]». In tal modo, i discorsi - proposti da Ferraro sia nel centro storico di Napoli (tra il Complesso monumentale di san Domenico maggiore, con il “sacrario” della cella di fra’ Tommaso dei conti d’Aquino), che nell’aula quello di santa Maria maggiore alla Pietrasanta – prendono corpo scritto e si riverberano nell’animo e nella mente di nuovi lettori. Si tratta di filosofare, nel senso di pensare camminando, e viceversa camminare pensando; così come ricordano le ultime pagine di questo libro, che racconta anche dell’uscita dalla basilica della Pietrasanta, lungo il cammino del decumano maggiore: finalmente, ci ricorda il libro, nella seconda metà del Novecento l’aula è stata sottratta a un’officina meccanica che vi si era insediata, e da lì ci si può allungare fino ai resti del teatro romano: proprio quello che a Napoli ospitava le esibizioni canore di Nerone: «Seneca che lo seguiva lo lasciava esibirsi per andare poco vicino a sentire gli incontri di un filosofo. Si chiama Metronatte» (pagina 222), come ci ricorda la Lettera a Lucilio di Seneca. Chissà cosa insegnava o diceva Metronatte, forse diceva cose analoghe a quelle riferite da Agatone nel Simposio platonico; o cose analoghe a quelle consegnate dal già frate domenicano Giordano Bruno, nei dialoghi in italiano: Lo spaccio della bestia trionfante o ne La cena de le ceneri. Ora, come allora, per le medesime vie dove oggi si svolge la movida postmoderna, ci si potrebbe di nuovo «come trovarsi a casa di Agatone, quella sera in cui parlarono di Eros, parlarono d’amore e di politica» (pagina 222). In questo senso, le idee che cadono dal cielo e si frantumano, attende qualcuno che fragmenta colligat e ne dia un filo d’Arianna per uscire da un labirinto.
Ed ecco che, scrivendo come sotto la dettatura di una voce,
Giuseppe Ferraro fa sì che quella voce moderna, o quella voce classica così
come ripetuta da Aldo Masullo, diventino come una confessione di oggi,
qui, per noi, lungo le strade della movida postmoderna (pagina 21).
Quasi che oggi Ferraro stia scrivendo a noi sulla via, come sotto dettatura
di una voce. Una voce prima moderna e poi classica, che ci legge e rilegge,
dunque, nelle due parti del libro Giordano Bruno e Platone. Ed ecco che si spiega
la pratica della filosofia, praticata dall’Autore: «raccogliere le cose
per riparare l’idea, andare fra le cose» (pagina 21). Sì, ci chiarisce ora Ferraro:
«è il cielo che occorre riparare. È l’anima che occorre riparare. Le cose che
facciamo sono le idee che ripariamo per ricomporre il cielo e l’anima» (pagina
23)...
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