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martedì 4 marzo 2025

La Parabola del Seminatore (Cf. Mt 13,1-23): accoglienza e prossimità nel mondo di oggi

 

La Parabola del Seminatore (Cf. Mt 13,1-23): Accoglienza e Prossimità nel Mondo di Oggi

Il Vangelo secondo Matteo, uno dei quattro Vangeli canonici del Nuovo Testamento, è stato redatto con molta probabilità intorno al 70 d.C.. Le teorie sulla sua datazione sono molteplici e spesso discordanti tra gli studiosi. Si ritiene che il testo, così come lo conosciamo oggi, sia il risultato di una redazione che ha raccolto una versione ebraica precedente, assemblandola con materiale proveniente dalla fonte Q e dalla redazione di Marco.

Tradizionalmente, questo Vangelo è stato attribuito all'Apostolo Matteo Levi, ma oggi molti studiosi considerano questa attribuzione poco plausibile. L'autore del Vangelo è presumibilmente un giudeo convertitosi al cristianesimo, il cui scritto è rivolto a una comunità ebraica.

Un aspetto distintivo del Vangelo di Matteo è la sua ricchezza di citazioni dall'Antico Testamento, il che lo rende particolarmente significativo per la comprensione delle radici ebraiche del cristianesimo.

Inoltre, è importante notare che il Vangelo secondo Matteo ha avuto una notevole rilevanza nella Chiesa antica, non incontrando difficoltà nell'essere inserito nel canone ufficiale delle Sacre Scritture, sancito definitivamente dal Concilio di Trento (1545-1563). Questo successo è attribuibile al suo stile catechistico, che si presta bene alle omelie e alla preparazione dei neofiti per i Sacramenti dell'iniziazione cristiana, alla predicazione e all’annuncio del kerygma. Le parole di Matteo, come un fiume in piena, trasportano il lettore in un viaggio di fede, illuminando il cammino verso la salvezza.

Una possibile struttura del testo la apprendiamo dal commento del noto biblista Ernesto Borghi: "Il Cuore della Giustizia, Vivere il Vangelo secondo Matteo, Paoline Editoriale Libri (1 settembre 2001), pp. 278". Il Vangelo si articola in due parti principali, come un mosaico sapientemente composto:

 

      Cinque discorsi di Gesù (Cf. cc. 5-7;10;13;18;23-25), che risuonano come parole di fuoco, illuminando la via da seguire.

      Narrazione degli eventi della sua vita(Cf.cc.1-4;8-9;11-12;14-17;19-22;26-28), che ci trasporta in un viaggio ricco di emozioni e di insegnamenti.

Il Vangelo è un vero e proprio genere letterario all’interno della Bibbia. Oltre ciò, per ben comprendere il significato del messaggio che esso intende veicolare si rende necessario rilevare quale metodo Gesù adoperava per trasmettere il suo insegnamento che, come è noto, si prefiggeva due obiettivi: dire alla gente della sua epoca e, con essa all’umanità di tutti i tempi, chi è Dio e quale è il suo progetto di salvezza a favore dell’umanità e dire anche chi è l’uomo e come può porsi dinanzi a tale progetto. Immaginati un uomo che cammina per le strade polverose della Palestina, circondato da persone che cercano risposte alle grandi domande della vita. Questo uomo è Gesù, e la sua voce risuona con una forza e una chiarezza uniche.

Per insegnare, Gesù non usa discorsi astratti o formule complicate. Sceglie invece le parabole, storie semplici tratte dalla vita quotidiana, ma cariche di significato profondo.

Le parabole di Gesù non sono semplici racconti, sono finestre aperte su un mondo di verità nascoste. Parlano di un contadino che semina semi, di un pastore che cerca una pecora smarrita, di un banchetto nuziale. Queste immagini familiari, che tutti possono comprendere, nascondono un messaggio potente su Dio, sull'uomo e sul suo destino.

Gesù attinge alla saggezza dell'Antico Testamento, alle parabole sapienzialiche si tramandavano da generazioni. Ma le sue storie sono uniche, piene di originalità e di un'intensa carica emotiva.

Le parabole di Gesù non sono solo parole, sono inviti ad aprire il cuore e a cercare il senso profondo della vita. Sono un invito a diventare protagonisti della propria storia, a seguire la luce che illumina il cammino. Le parabole sono parte integrante dell’annuncio di Gesù del Regno di Dio e costituiscono un appello incessante alla conversione ovvero a dare alla propria esistenza una traiettoria diversa, a cambiare il proprio modo dí pensare, di stare al mondo, di agire. È emblematica in tale contesto la Parabola del Seminatore in Mt 13,1-23:

Immagina un campo, vasto e sconfinato, sotto il sole caldo. Un contadino, con passo sicuro, getta a piene mani semi sulla terra. Alcuni cadono sul sentiero battuto, altri su terreno roccioso, altri ancora tra le spine. Solo alcuni pochi trovano un terreno fertile, pronto ad accoglierli.

Questa è la scena che si presenta ai nostri occhi nella parabola del seminatore, un'immagine semplice ma potente che ci invita a riflettere sulla Parola di Dio e sul suo impatto sulle nostre vite.

La Parola, come il seme, ha il potere di crescere e fiorire, ma solo se trova un terreno fertile, un cuore aperto e pronto ad accoglierla. Il noto biblista e teologo Alberto Maggi identifica il "segreto di Gesù" nell'uso delle parabole come strumento per comunicare un messaggio rivoluzionario di amore e salvezza. Questo messaggio si basa su un'idea nuova e fondamentale: Dio è il Padre di tutti, non solo il liberatore e salvatore di un popolo specifico, ma di tutti i popoli della terra. L'utilizzo delle parabole, quindi, diventa un mezzo per diffondere questa verità universale, rendendola accessibile e comprensibile a tutti. All'interno della parabola, si possono identificare diverse tipologie di persone. Alcuni accolgono con gioia il messaggio di Gesù, ma essendo ancora immaturi e privi di una personalità solida, diventano incostanti. Come un terreno superficiale, non riescono a trattenere la semente della Parola, che presto appassisce.

Altri, invece, comprendono il valore del messaggio di Gesù, ma nello stesso tempo sono attratti dal materialismo e dalle ricchezze. Decidono di voltarsi dall'altra parte, lasciando che le preoccupazioni del mondo soffocano la Parola come le spine che crescono tra le piante.

C'è poi chi accoglie il messaggio, ma si lascia schiacciare dal peso della propria vita, dalle preoccupazioni, dai problemi e dagli affanni.  Queste persone diventano come il terreno roccioso, dove la Parola non riesce a mettere radici e appassisce subito. Infine, chi accoglie la Parola con cuore aperto, la lascia germogliare e fiorire, come un seme che trova terreno fertile.  In questo terreno, i talenti di ognuno sbocciano e crescono, portando frutto in abbondanza, a seconda della propria natura e delle proprie possibilità. Il Dio di Gesù Cristo accetta e rispetta ciascuna persona nel proprio essere, l'accoglie e le indica il modo attraverso cui può raggiungere la massima "forma" che le è possibile. La parabola del seminatore illumina un aspetto cruciale: l'emarginazione e la discriminazione sociale. Molti giovani vivono l'isolamento, il rifiuto e la non accettazione del proprio modo di essere. Spesso, gli adulti, genitori e insegnanti, non riescono a comprenderli e ad ascoltarli e accoglierli.

Lo stesso vale per stranieri, disabili, persone povere e indigenti, che spesso si sentono rifiutati e si chiudono in se stessi. Il Vangelo si rivolge a loro, ricordando che Dio li ama.

La parabola, rivolgendosi anche alla Chiesa e ai credenti, li invita ad essere attenti al "grido" degli ultimi, a farli sentire accolti e riconciliati. Ci invita a diventare ascoltatori attenti e attivi del seme della Parola, mettendola in pratica e calandola nel concreto del nostro vissuto. Dobbiamo vivere adottando facendo nostra la logica dell'incarnazione del Verbo di Dio, che si è spogliato di se stesso e si è fatto simile a noi.

La lezione che possiamo imparare da questo racconto evangelico è che, dopo aver accolto l'insegnamento di Gesù, dobbiamo passare all'azione, diventando e rendendoci prossimi agli altri. Per far fiorire la speranza nel mondo, dobbiamo vivere con la prospettiva cristiana: guardare al "già" e al "non ancora". Questo significa agire con la consapevolezza che la speranza è già presente (Regno di Dio), anche se non è ancora completa. Le nostre azioni devono riflettere questa speranza, diventando un seme che germoglia nel campo del mondo. Del resto, come ricorda Papa Francesco, il Vangelo deve poter raggiungere le "periferie esistenziali" per dire che Dio è come un albero che offre riparo e nutrimento a tutti, senza chiedere nulla in cambio.

di Giuseppe Lubrino

pubblica contributi per "scenari futuri" e collabora attivamente anche con la rivista culturale IlPensiero Storico. Rivista Internazionale di Storia delle Ideecurata e diretta dal prof. Danilo Breschi; redige anche articoli in campo teologico, religioso e pedagogico per il portale Informazione Cattolica, per la rivista di storia della cultura cristiana Christianitas, per InDialogo, il giornale della Diocesi di Nola

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