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sabato 22 marzo 2025

Itinerari biblici, prossimità e compassione: la lezione del Samaritano oggi

Gesù riprese:

«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.  Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte.  Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione.  Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.  Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.  Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso». (Lc 10,30-37).

Il Vangelo di Luca, redatto da Luca intorno al 75-85 d.C., aveva l'intento di fornire un resoconto accurato (cf. Lc 1,1-4) alle comunità cristiane delle origini. Luca voleva rafforzare la fede dei nuovi cristiani, che avevano appena completato il percorso di catecumenato (iniziazione cristiana). Il Vangelo si svolge all'interno della dinamica del "viaggio". Gesù svolge il suo ministero pubblico attraversando la Galilea fino a Gerusalemme. Il suo "cammino" evoca un parallelo con l'esodo: evento fondante dell'antica alleanza che vede il popolo di Israele partire dall'Egitto, attraversare il "deserto" e dirigersi verso la terra promessa, la città di Canaan.

Tutto questo ha acquisito nel tempo un valore simbolico, pedagogico ed educativo inestimabile. Nella visione biblica, l'esistenza umana è percepita come un cammino che porta l'umanità a "uscire" dalle gabbie del proprio egoismo per aprirsi agli altri. La "terra promessa" diventa la felicità e la piena realizzazione dell'uomo, un obiettivo che egli cerca costantemente e verso il quale orienta la sua vita. L’uomo è esortato dalla Parola di Dio a diventare più umano. La fede è un valido strumento affinché ogni uomo possa apprendere dei valori che lo aiutano a crescere, maturare in maniera integrale e globale.

Il "deserto" diventa un "luogo" dove l'uomo può ascoltare la Parola, lasciandosi modellare e plasmare secondo il volere di Dio. È un luogo di crescita e maturazione nella fede.

Come nel racconto di Zaccheo (Lc 19,1-10), anche in questo brano Gerico diventa teatro della tenerezza e dell’amore di Dio. Gesù narra di un uomo che scendendo da Gerico a Gerusalemme incappa in dei facinorosi che lo aggrediscono, lo derubano e lo lasciano a terra esanime, quasi in fin di vita. Mentre l'uomo giace a terra, passano per lì tre persone: un sacerdote, un levita e un samaritano. I primi due, secondo la mentalità comune del tempo, avrebbero dovuto essere quelli a offrire al moribondo soccorso, assistenza e prossimità. Tuttavia, passano oltre. Costoro vivono una religiosità apparente, esteriore, ma nella sostanza vuota. L'ultimo passante è un samaritano, una figura considerata eretica e scismatica all'epoca. Questo perché i samaritani non riconoscevano l'ortodossia giudaica sviluppatasi dopo l'esilio babilonese (538 a.C.). L'ostilità tra giudei e samaritani risale alla deportazione del Regno del Nord in Assiria (722 a.C.). Alcuni samaritani sopravvissuti si mescolarono con popolazioni straniere, alterando le tradizioni dei loro antenati. Eppure, afferma il Vangelo, il samaritano si ferma, soccorre il moribondo, gli "fascia le ferite", gli paga un alloggio, si assicura che stia bene e riprende il suo cammino. Le parabole, come questo racconto, sono storie che usano immagini e situazioni quotidiane per trasmettere un insegnamento profondo. Gesù le utilizzava spesso per spiegare chi è Dio, chi siamo noi e come possiamo vivere in armonia con il suo piano salvifico per l'umanità. Gesù insegna che dobbiamo sempre opporci alla violenza e non rimanere mai indifferenti di fronte alle sue vittime. Sottolinea l'importanza di diventare prossimi a coloro che soffrono, che sono nel bisogno e hanno bisogno di cure. La compassione non è mai separata dall'empatia. La Parola di Dio ci insegna che la vera religione si manifesta sempre attraverso azioni concrete e tangibili di carità verso il prossimo. La parabola del "buon samaritano" ci invita a riflettere sull'importanza di una fede viva, dinamica e concreta, capace di andare oltre l'indifferenza di fronte al dolore del prossimo. Una fede che si traduce in azioni e comportamenti, in contrapposizione a una fede formale e vuota.

Esercitare la compassione significa aprirsi all'altro con ascolto, accoglienza e comprensione. Significa essere presenti e premurosi, senza distinzioni. 

La storia di Caino e Abele (cf. Gn 4,17-24), narrata nella Genesi, ci ricorda la tragica conseguenza dell'invidia e dell'odio.  Gesù, invece, ci insegna a diventare custodi del nostro prossimo, a prenderci cura di lui con amore e attenzione. Nell’attuale contesto socio-culturale, specialmente, tra i giovani la violenza in alcuni luoghi come la movida o la scuola si mostra essere un fenomeno  in costante crescita. Il brano in questione solleva una riflessione importante: come comportarsi di fronte a situazioni di violenza? L'insegnamento di Gesù ci invita alla prossimità, condannando l'indifferenza. Spesso, la violenza si trasforma in tragedia proprio a causa dell'indifferenza e di un clima di omertà che si crea quando assistiamo a episodi di aggressione, furto o bullismo.

Gesù ci spinge alla compassione, ma anche alla denuncia, perché la vita del prossimo ci riguarda e ci interpella. La risposta di Caino, "Non lo so. Sono forse il custode di mio fratello?" (Genesi 4,9), dovrebbe essere un monito per tutti noi. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che siamo interconnessi. Il male che oggi tolleriamo per un "sconosciuto" potrebbe riguardare domani un nostro caro. Quindi, sì, "siamo custodi dei nostri fratelli".

di Giuseppe Lubrino (IdR) 



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