L'influenza del “fattore” religioso-popolare nell'esperienza migratoria della regione Calabria: situazione e prospettive di sviluppo socioeconomico
Come mostrano recenti inchieste, nel Meridione d’Italia e nelle isole - in particolare in Calabria -, cresce sempre più l’interesse verso il “racconto dell’emigrazione”, nonché verso luoghi-simbolo della storia dell’Ottocento e del Novecento, che aiutano a riscoprire le “radici” (cf., tra gli altri, A. Perri, Il turismo delle radici, Aracne editrice, Canterano (Rm) 2020). Tale racconto si correla con i processi migratori e gli spostamenti turistici, che diventano oggi una vera e propria “pratica culturale”. In tale pratica svolge un ruolo centrale la cultura popolare di ambito religioso: una vera e propria percezione del mondo un po’ informe, fluida, flessibile, nonostante la presenza di certi archetipi continuamente riaffioranti, come il destino, la sorte, la morte, la fede, le credenze.
Antonella Perri, in una sua ricerca di carattere esplorativo sul turismo delle radici, sia in Calabria che in altre regioni mediterranee, ha indagato su diversi casi di studio. L’Autrice ha, tra l’altro, raccontato le attività promosse - particolarmente negli anni 2019 e 2020 - dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sul tema del “turismo delle radici”, ovvero dei cosiddetti viaggi di ritorno, cioè dei viaggi di ritorno di italiani e italo-discendenti residenti all’estero. Inserendo la questione specifica nell’orizzonte della mobilità contemporanea (sia virtuale che reale), la studiosa ha evidenziato che, essendo il turista delle radici a tutti gli effetti un turista, egli/ella principalmente si muove per fare visita a parenti e/o amici; di conseguenza, dovrebbe avere, sul piano socio-politico, «il dovuto
peso
nell’ambito della governance turistica del territorio»[1].
Inoltre, sul piano operativo, ha suggerito il miglioramento dei servizi locali
che attualmente presentano ancora delle “criticità”, nonché un generalizzato
miglioramento non soltanto della qualità dell’accoglienza turistica. Tra i
diversi aspetti motivazionali e le varie tipologie dei turisti delle radici,
segnalati dalla studiosa, ricorre il fattore dell’immaginario
cognitivo-culturale, non soltanto quello condensato nella letteratura e
nelle forme d’arte, ma nelle tradizioni antropologiche e culturali, spesso a
valenza religiosa, che avvengono, appunto, nel rispetto delle tradizioni e
delle feste, consentendo così al cosiddetto turista di ritorno di
«rivivere il ricordo del passato»[2].
Si è davvero di fronte a un turismo legato alla bellezza, che non soltanto si
arricchisce di tradizioni, cultura, enogastronomia e artigianato, ma anche di
folklore, devozioni, insomma tutto quello che l’orizzonte cristiano definisce religione
popolare, dunque non soltanto devozione di popolo, bensì modo popolare di vivere
la religione. Nel processo stesso di inculturazione della Buona Novella di Gesù
Cristo nelle diverse culture ed etnie e della evangelizzazione di esse, si presta,
perciò, particolare attenzione alla pietà popolare. La stessa enciclica Fratelli
tutti dedica peculiare attenzione alla differenza tra populista e popolare:
«per affermare che la società è più della mera somma degli individui, è
necessario il termine “popolo”. La realtà è che ci sono fenomeni sociali che
strutturano le maggioranze, ci sono mega-tendenze e aspirazioni comunitarie;
inoltre, si può pensare a obiettivi comuni, al di là delle differenze, per
attuare insieme un progetto condiviso; infine, è molto difficile progettare
qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno
collettivo. Tutto ciò trova espressione nel sostantivo “popolo” e
nell’aggettivo “popolare”»[3].
In tale orizzonte, la stessa teologia contemporanea (quindi non soltanto la sociologia religiosa e l’antropologia culturale)... leggi intero doc.
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