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Il Direttore del Centro di Filosofia Italiana, prof. Aldo Meccariello, mi ha delegato in collaborazione col prof. Clemente, all'organizzazione del Festival di filosofia, dal 21 al 25 ottobre 2025, presso il polo universitario Jonico della città di Taranto, con tema "Oikjos. Dalla casa comune all'ecologia integrale". Aderiscono all’iniziativa la prof.ssa Franca Meola e la prof.ssa Mena Minafra dell'Università Luigi Vanvitelli di Caserta.      Il Direttore del Centro di Filosofia Italiana, prof. Aldo Meccariello, mi ha delegato in collaborazione col prof. Clemente, all'organizzazione del Festival di filosofia, dal 21 al 25 ottobre 2025, presso il polo universitario Jonico della città di Taranto, con tema "Oikjos. Dalla casa comune all'ecologia integrale". Aderiscono all’iniziativa la prof.ssa Franca Meola e la prof.ssa Mena Minafra dell'Università Luigi Vanvitelli di Caserta.

mercoledì 9 aprile 2025

La sfida educativa, Benedetto XVI


La sfida educativa: Benedetto XVI

La violenza tra i giovani è in aumento. 60% dei giovani sotto i 26 anni ha paura del revenge porn online.  50% si sente alienato dalla vita reale e 50% ha subito molestie. Il bullismo e il cyberbullismo sono in crescita. Il sondaggio su 2.700 giovani condotto dall’ “Osservatorio indifesa” mostra che la violenza è diffusa e ha conseguenze devastanti: perdita di autostima, sfiducia e paura.(Cf. https://terredeshommes.it/comunicati/osservatorio-indifesa-2025-i-rischi-del-web-secondo-la-genz/). A partire da questi scenari si intende proporre una riflessione sulla questione educativa.  Come punto di partenza, si prenderà in considerazione la “Lettera sull’Emergenza educativa” di Benedetto XVI, consegnata alla diocesi di Roma nel 2008.  Questo permetterà di inquadrare la “questione disagio giovani” alla luce della fede cristiana. Nella sua missiva, Benedetto XVI affronta la questione educativa con uno sguardo bifronte, rivolto sia all'educatore che all'educando. Egli osserva che un'educazione integrale, capace di plasmare la totalità dell'essere umano, non può prescindere dall'instaurare e coltivare una relazione educativa asimmetrica, ma allo stesso tempo ispirata e sostenuta dall'amore, quale forza trainante dell'educazione stessa. L'educatore deve essere "credibile", offrendo ai suoi allievi affidabilità e fiducia attraverso una testimonianza di vita autentica che armonizzi l'aspetto professionale con la realtà quotidiana. Peraltro, Ratzinger conosce bene le varie tappe evolutive della crescita personale degli educandi, dall'infanzia all'adolescenza e alla giovinezza. Egli sottolinea come durante l'intero sviluppo educativo e formativo dei giovani sia necessario offrire loro un percorso formativo che li guidi nella costruzione di una solida identità personale, che li aiuti a sviluppare la capacità di costruire relazioni interpersonali, collaborative e che li conduca alla scoperta di orizzonti di senso possibili e percorribili. Il teologo bavarese osserva che per abbattere le barriere esistenti, è necessario superare e colmare il divario generazionale tra giovani e adulti. Questa "frattura generazionale" è l'effetto, non la causa, dell'attuale deriva educativa, dovuta alla mancanza di "trasmissione" di certezze e valori. In altre parole, secondo Benedetto XVI, le generazioni passate hanno mancato nei confronti dei giovani di oggi, non riuscendo a trasmettere loro valori umani autentici e a fornire figure di riferimento stabili per la loro crescita emotiva, affettiva e personale. Benedetto XVI si spinge oltre, affermando che una certa cultura relativistica e materialistica ha contribuito e contribuisce a fomentare nei giovani un senso di incertezza e fragilità caratteriale.

venerdì 4 aprile 2025

Seminatori di Speranza

Nel suo discorso del 29 marzo ai pellegrini di Rieti, Papa Francesco ha lanciato un messaggio potente e coinvolgente. Rivolgendosi ai fedeli che si erano recati sulle tombe degli Apostoli e avevano attraversato la Porta Santa per celebrare il Giubileo della Speranza, il Papa ha sottolineato l'importanza di essere testimoni di speranza in ogni ambito della vita. Si leggano le sue parole:

Vi incoraggio ad essere ogni giorno testimoni di speranza nei diversi ambienti ecclesiali ed esistenziali in cui vivete, per contribuire all'edificazione di un mondo più fraterno e solidale.

Francesco ha invitato i fedeli a essere "ogni giorno testimoni di speranza" nei diversi contesti in cui vivono, contribuendo così a costruire un mondo più fraterno e solidale. In diverse occasioni Bergoglio ha definito la Chiesa come un "ospedale da campo", dove i cristiani devono ispirarsi al “Buon Samaritano (cf.Lc 10,24-37)” e prendersi cura dei bisognosi, sia nel corpo che nell'anima.

Per essere pronti a questa missione, il Papa insiste spesso sulla necessità e  l'importanza di acquisire e sviluppare una buona e profonda formazione spirituale, basata sulla Parola di Dio e sui Sacramenti. La Chiesa in tal modo, diventa una "palestra" dove i fedeli possono irrobustire la loro fede e sviluppare la forza necessaria per diffondere fraternità e solidarietà nel mondo.

Dalla ecclesiologia di Papa Francesco emerge una visione dinamica e rivoluzionaria della Chiesa, che si presenta come un luogo di cura e di servizio, impegnata a portare speranza e conforto a tutti coloro che soffrono e sono nel bisogno.

Un'antica frase latina dice: "per aspera ad astra", ovvero "attraverso le asperità fino alle stelle". Questa frase sottolinea la necessità di sviluppare coraggio, determinazione e resilienza per superare le sfide e raggiungere il proprio potenziale nella vita. Queste qualità sono particolarmente importanti oggi, in un contesto sociale in cui molti giovani mancano di coraggio e determinazione nel costruire la propria identità personale. La complessità sembra essere la chiave di volta dell'attuale scenario culturale in cui vivono i giovani di oggi. Essi appaiono influenzati dal progresso tecnologico, spesso affetti da una sindrome di isolamento sociale, colpiti da disturbi alimentari e attratti da tendenze autolesioniste. Si registra un aumento di fenomeni come il cyberbullismo e il bullismo, che alimentano la violenza tra i giovani, a cui si aggiunge la crescente dipendenza dai social media.

mercoledì 2 aprile 2025

L'invenzione della casa. L'ordine domestico della polis

Al Books and Museum di Domenica 6 aprile 2025 presso il complesso monumentale di Santa Maria la Nova di Napoli, ore 11,00 il saggio di Valeria Pezza: L’invenzione della casa. L’ordine domestico della polis, Christian Marinotti edizioni, Milano 2025, pagine 120.

Quello delle case delle città greche nelle cosiddette colonie e nei siti della Grecia classica, è un mondo analogo a quello di fronte al quale si possono porre, insieme, sia l’archeologia che la storia dell’architettura e della topografia; ma anche l’antropologia culturale e lo storia delle idee, come illustra e dimostra l’acuto ed erudito sforzo di decifrazione, condotto per noi da Valeria Pezza in queste pagine. Così, le antiche pietre di Akragas (Agrigento) possono diventare la cifra di un’ambivalenza tipica dell’articolato e multifattoriale processo che viene opportunamente denominato “invenzione della casa”. A una prima, ma superficiale, vista, «la dimensione domestica appare rimossa e svalutata, in quanto non fondata sul gesto eroico, sulla pubblica e visibile esaltazione del potere, del conflitto e della forza» (p. 11). Invece, come si legge nella Premessa a questo volume (pp. 7-18)), la domanda di partenza va formulata in consonanza con quando ricorda il titolo del volume (peraltro arricchito da numerosi grafici e tavole): «Quando è stata inventata quella casa ripetibile e ripetuta che presiede alla costruzione stessa della città come luogo non tanto del potere religioso, politico, militare, ma della dimora dei suoi cittadini?» (p. 7).

Ecco spiegato perché, integrando il punto di vista consolidato che correlava l’architettura della polis classica alla sfera cosiddetta politica, «urgeva interrogarsi su quelle forme, il loro senso e la loro natura, chiedersi a quale dimensione domestica, a quali riti del quotidiano dessero luogo, misura e spazio, e in quale visione del mondo. Poi, perché tanto silenzio? Quale significato aveva la casa in quell’origine e cosa significa per noi oggi la casa?» (p. 9).

Di qui prende corpo, una diversa, e intrigante, prospettiva, perseguita egregiamente da Valeria Pezza, che aiuta a ri-significare il senso stesso dell’agire politico - teorizzato negli scritti politici dei filosofi greci classici - e a precisare nei suoi vari riverberi il rapporto tra privato (domestico), spesso relegato alla sfera della irrilevanza, e pubblico (politico, anche in senso militare e bellico, ma oggi altresì sociale e culturale): «In modo sorprendente insieme all’interrogativo su tempi e modi dell’invenzione della casa per tutti, emergeva quello, inquietante, su questa incomprensibile condanna all’insignificanza» del privato, se inteso soltanto come “relegato a ciò che è privo di senso”. Ecco perché ci si dovrà interrogare, continua l’Autrice: «è stato davvero così, sempre? Ed ora ha senso per noi privare di valore la quotidianità che scandisce la vita di ciascuno, o è proprio dentro la casa che vive e può maturare una politica non ridotta all’esercizio e all’autorappresentazione del potere?» (p. 10).

martedì 1 aprile 2025

Riforma e riforme, la riforma valdese e Ferrante Sanseverino


La riforma protestante e la riforma cattolica

Il movimento riformatore protestante moderno attraversa tutti gli strati della Chiesa cattolica a partire dalla fine del 1400. In particolare, Raffaele Calvino, con la sua chiesa di Ginevra, divenne un punto di riferimento fondamentale per il movimento riformatore italiano: nel bene e nel male, come modello da imitare o, al contrario, da criticare. Il «mito di Ginevra», nuova capitale della cristianità, antitetica a Roma e laboratorio di innovazioni politiche, economiche e sociali, rifulse, dagli anni Quaranta del 1500, conoscendo incrinature, ma non crisi. Le opere calviniane si diffusero nella penisola italica, in originale o in traduzione, grazie all’azione propagandistica di fedeli clandestini e degli esuli. I gruppi filo-protestanti, così furono presto chiamati, soprattutto con l’inasprimento della repressione ereticale da parte sia di altri protestanti, che da parte della controriforma cattolica, a metà Cinquecento, trovarono in Ginevra una meta per la loro diaspora e un sistema dottrinale ed ecclesiologico a cui ispirarsi in patria: un sistema solido e capace di fornire un’autorità normativa forte, un sostegno dottrinale e materiale alla vita comunitaria, una concezione eucaristica alternativa a quella cattolica, segno dell’identità e della comunione spirituale del gruppo. Anche il domenicano Fra’ Filippo Bruno, in religione fra’ Giordano, prima di finire sul rogo il 17 febbraio del 1600, nel suo girovagare per l’Europa, alla ricerca di una cattedra da cui poter insegnare liberamente la sua nova filosofia, fu anche a Ginevra per un periodo, aderendo al conclave riformato cittadino e, anche per questo, divenendo, tra gli inquisitori cattolici di Venezia e, poi, dal 1593 alla morte, di Roma, sospetto di eresia formale. Il «mito di Ginevra», nuova capitale della cristianità antitetica a Roma e laboratorio di innovazioni politiche, economiche e sociali, rifulse dagli anni Quaranta in poi, conoscendo incrinature, ma non crisi. Le opere calviniane si diffusero nella penisola, in originale o in traduzione, grazie all’azione propagandistica di fedeli clandestini e degli esuli. I gruppi filoprotestanti, soprattutto con l’inasprimento della repressione ereticale a metà Cinquecento, trovarono in Ginevra una meta per la loro diaspora e un sistema dottrinale ed ecclesiologico a cui ispirarsi in patria: un sistema solido e capace di fornire un’autorità normativa forte, un sostegno dottrinale e materiale alla vita comunitaria, una concezione eucaristica affatto alternativa a quella cattolica, segno dell’identità e della comunione spirituale del gruppo.

 

La riforma valdese

Bernardino Ochino, nelle sue propagatissime Prediche, riprese i temi principali dell’Istituzione di Calvino, sia pure mescolati con elementi  detti valdesiani. Il capolavoro calviniano fu diffuso anche da una figura centrale nel valdesianesimo, Marcantonio Flaminio, che ne trasse brani e spunti per l’elaborazione di quell’originale sintesi di idee, insieme valdesiane e riformate, che è Il beneficio di Cristo, di cui egli fu coautore insieme con Benedetto da Mantova. Quel «dolce libriccino», come lo definì il Vergerio, stampato senza vincoli a Venezia nel 1543, fu forse il testo eterodosso divenuto più letto e più famoso in Italia:  secondo Vergerio, nella sola Venezia ne erano state vendute 40.000 copie in sei anni, e ciò per il messaggio di profonda spiritualità e di rinnovamento religioso di cui apparve latore. Esemplare è la confessione di un illustre prelato valdesiano, il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi (giustiziato nel 1567), che dichiarò ai giudici: «Essendo il Flaminio [Marcantonio] alloggiato meco in Fiorenza, mi aveva facto vedere un poco della Institutio di Calvino, che mi aveva imbuta la mente di simili opinioni, nelle qali andai continuando et crescendo insino al anno 1545, legendo spesso di quelli libri, et conversando con quelle persone che erano atte a confermarmele nell’animo».

Corrado Ocone, il non detto della libertà

La sfida educativa, Benedetto XVI

La sfida educativa: Benedetto XVI La violenza tra i giovani è in aumento. 60% dei giovani sotto i 26 anni ha paura del revenge porn onlin...