L’attuale “clima sinodale” della Chiesa cattolica
Secondo il Documento
preparatorio della XVI Assemblea del Sinodo dei vescovi, le strutture della Chiesa
dovrebbero essere modificate su tre piani:
1. «Il piano dello stile
con cui la Chiesa vive e opera ordinariamente»;
2. «Il piano delle
strutture e dei processi ecclesiali»;
3. «Il piano dei processi
ed eventi sinodali».
A sua volta, il Documento di lavoro per la tappa
continentale, già celebrata, affermava che dobbiamo eliminare la
separazione tra i sacerdoti e il resto del popolo di Dio (n. 19), superando una
visione della Chiesa costruita attorno al ministero ordinato (n. 67) e a
strutture gerarchiche che favoriscono tendenze autocratiche (n. 33). Proponeva
un modello istituzionale sinodale che destrutturi il potere piramidale
attualmente esistente (n. 57) e permetta alla vita della Chiesa di praticare realmente
la corresponsabilità di tutti in risposta ai doni che lo Spirito elargisce ai
fedeli (n. 66), soprattutto per quanto riguarda le istituzioni e le strutture
di governo (n. 71). Augura che i vari consigli (parrocchiali, presbiterali ed
episcopali) non siano solo consultivi, ma luoghi in cui le decisioni vengono
prese sulla base di processi di discernimento comunitari (n. 78).
I promotori del Sinodo sostengono che il problema principale
della Chiesa sarebbe il “clericalismo”, cioè le strutture gerarchiche che la
dividono tra clero e laici, tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens. Il
Documento di lavoro lamentava «la mancanza di processi comunitari di ascolto e
discernimento» (n. 33), e puntava il dito contro «il permanere di ostacoli
strutturali, tra cui: strutture gerarchiche che favoriscono tendenze autocratiche;
una cultura clericale e individualista che isola i singoli e frammenta le
relazioni tra sacerdoti e laici» (n. 33).
Concludeva sottolineando «l’importanza di liberare la Chiesa
dal clericalismo, in modo che tutti i suoi membri, sia sacerdoti sia laici,
possano adempiere alla comune missione. Il clericalismo era visto come una
forma di impoverimento spirituale, una privazione dei veri beni del ministero
ordinato e una cultura che isola il clero e danneggia i laici» (n. 58).
Ora, alla vigilia delle due assemblee sinodali previste (ottobre 2023 e ottobre 2024), il Vaticano ha pubblicato l’IL= Instrumentum laboris, che sarà discusso, pregato ed esaminato, con il metodo chiamato “conversazione nello Spirito”. L’IL non cambia qualcosa di fondamentale rispetto a quanto detto nelle fasi continentali. Pertanto, l’IL conferma che la sinodalità è un “processo dinamico” (n. 18) che parte dal presupposto di dover costruire una nuova “dimensione sinodale costitutiva” della Chiesa (n. 23), cambiandone la struttura e il magistero. Lo spirito del documento riafferma l’idea, lanciata da papa Francesco, della Chiesa come “piramide rovesciata”, per cui la gerarchia dovrebbe diffondere la sua autorità in un processo infinito di consultazione di tutto il “Popolo di Dio”. In questo crescendo di “consultazioni sinodali”, dovrebbero essere apportati cambiamenti istituzionali e persino dottrinali per adattare la Chiesa ai nuovi tempi.
Forse l’unica novità del documento è l’insistenza nel far
credere che il processo sinodale sia il frutto spontaneo dello Spirito Santo,
quasi un fenomeno pentecostale, mentre in realtà è il risultato di un complicato
meccanismo burocratico di consultazioni tra il Vaticano, i vescovi, alcuni
ecclesiastici e un numero molto ridotto di fedeli, nonostante gli slogans
relativi al coinvolgimento di tutti, però puntualmente disattesi.
A livello diocesano di Napoli, forse un po’
confondendo gli stessi preti e fedeli, al cammino sinodale della cattolica, è
stato aggiunto il XXXI Sinodo della Chiesa particolare. Don Mimmo Battaglia, a
margine della Celebrazione Eucaristica in cui gli è stato imposto il Pallio
Arcivescovile da S. Ecc. Mons. Emil Paul Tscherrig (27.9.2022), ha annunciato
il XXXI Sinodo della Chiesa di Napoli. A guidare la commissione preparatoria è
Don Gennaro Matino, nel suo nuovo incarico di Pro-Vicario Generale
dell’Arcidiocesi di Napoli. Apertosi il 28 aprile 2022, il Sinodo arcidiocesano
si è articolato in 7 assemblee sinodali, con assemblee territoriali e nei
vicariati, inviando una propria relazione alla CEI, si è incrociato col cammino
di tutta la Chiesa. I temi delle assemblee sinodali vengono preparate dai
gruppi di studio con l’accompagnamento di un comitato scientifico proposto
della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Il gruppo di studio
verifica lo strumento di lavoro con un’assemblea pre-sinodale formata dalle
persone che afferiscono alla tematica assembleare. Dieci giorni prima
dell’assemblea i membri sinodali ricevono lo strumento di lavoro affinché la
segreteria del Sinodo possa ricevere osservazioni, obiezioni e prenotazioni di
intervento. Il Sinodo diocesano si concluderà con la celebrazione liturgica
dell’8 dicembre 2024, dopo che sarà avvenuta la seconda assemblea del Sinodo
dei vescovi, prevista per l’ottobre 2024. Si noti che le Piste per la
riflessione “Comunione tra sacerdoti e comunione tra parrocchie” non hanno
affrontato i temi tipici dell’identità presbiterale, affrontando invece i punti
seguenti: 1) La riduzione del numero di sacerdoti, la maggiore complessità
delle situazioni che si presentano nella vita pastorale, l’esigenza di offrire
ai fedeli dei riferimenti, in alcune diocesi hanno dato vita a delle esperienze
in cui l’organizzazione ha fatto nascere delle nuove strutture pastorali. Come
pensi vada preparato il nostro futuro nell’organizzazione pastorale? Quali
aspetti vanno tenuti in considerazione? Cosa deve essere preservato
maggiormente? Cosa fare per tenere alta la qualità della proposta pastorale,
della vita delle comunità e del presbitero stesso? 2) Nella prospettiva
sinodale, è possibile pensare nel nostro decanato a dei servizi che si
organizzano insieme, tra parrocchie vicine? Quali sono le maggiori difficoltà
che si riscontrano affinché le parrocchie possano progettare insieme? La
Diocesi potrebbe accompagnare questo processo di collaborazione in qualche
modo? Comunque, sono state RIVOLTE DELLE DOMANDE AI PRESBITERI E AI MEMBRI
DELL’ASSEMBLEA SINODALE, che hanno avuto risposte da 154 Presbiteri (meno di un
quarto del totale). Ecco i macro aspetti da riformare maggiormente segnalati
dai presbiteri: A) Formazione; B) Pastorale; C) Gestione amministrativa Fanno
parte dell’ ambito A) i seguenti aspetti che i Presbiteri hanno segnalato: - Revisione
della formazione del Seminario (aspetto maggiormente richiamato); - Revisione
della formazione permanente, con una sollecitazione ad una maggior incisività
nell’ invitare alla partecipazione agli incontri proposti; - L’ attenzione alla
cultura nell’ambito della formazione; - Valorizzazione dei Plenum, per una
consegna di strumenti più efficaci e utili per il ministero; - Attenzione alla
formazione liturgico – sacramentale; Fanno parte dell’ ambito B) i seguenti
aspetti che i Presbiteri hanno segnalato: - Collaborazione tra Parroci mediante
la definizione di Unità Pastorali; - Necessità di incentivare e favorire la
comunione tra preti. Tempo, metodo, sistema, scelte e verifica per ascoltarsi e
fare insieme delle cose. Condivisione della casa, banco di prova della
fraternità. Discorsi fra preti: di che cosa parliamo fra di noi? - Isolamento e
autosufficienza; - Uso dei social; - Educare a vivere rapporti sani per una
vita presbiterale più integrata con le famiglie e il mondo degli adulti. -
Invio dei sacerdoti novelli in Parrocchie “pilota” da individuare, per una
efficace iniziale esperienza pastorale; - Pastorale vocazionale e cura delle
vocazioni; - Attenzione e cura dei preti giovani; - Nomine e spostamenti dei
parroci evitando le cordate; - Implementare il paradigma della sponsalitá:
prete padre e sposo per una comunità figlia e sposa; - Riconoscere i carismi e
non l’ “urgenza” (o l’ “emergenza”).
Il volume di Poggi.
Indipendentemente da questi processi, ma incastrandosi e
intersecandosi con essi, ecco il volume di Poggi. Poggi, nel corso di una lunga
intervista concessami, presenta i contenuti della “Traccia di discussione sui
problemi del Clero”, proposta e inviata dalla C.E.I. a tutto il clero Italiano
nel 1970, ben 53 anni fa. A quella “Traccia...” antica - che in atmosfera
sinodale ha davvero il sapore del nuovo -, il clero di Napoli, coinvolto nel
suo insieme a ridosso del vento conciliare, diede delle risposte molto
precise, mature, in sintonia con lo spirito del Vaticano secondo appena
concluso, affrontando, tra l’altro, le rilevanti questioni dell’impegno sociale
e lavorativo del presbitero, del celibato, della condivisione piena con la
gente di un territorio… Questioni che risultano non solo attuali, ma
addirittura avveniristiche, come adesso Poggi ci illustra, ricavandole da
alcuni fogli a stampa, sbucati fuori dal suo Archivio privato (che varrebbe la
pena ri-pubblicare). Erano risposte contenute in una “Relazione sui problemi
del Clero”, redatta da un noto ecclesiologo partenopeo, mons. Ciriaco
Scanzillo, professore nella sezione san Tommaso d’Aquino della Pontificia
Facoltà di teologia dell’Italia meridionale, già Rettore del Seminario di
Napoli, poi Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi: persona onesta e indipendente
che, a quel tempo, dopo aver letto analiticamente i resoconti territoriali
pervenuti alla Segreteria del clero, si limitò a dare forma sintetica a un
ampio e articolato dibattito, a cui avevano partecipato tutti i preti della
diocesi, negli incontri svolti nelle numerose Foranie. Il contenuto avvincente
di questa “Relazione sintetica” costò caro all’allora don Poggi – che oggi si
auto-definisce “prete altro” -; egli, pur facendo parte della Segreteria
diocesana della consultazione, fu emarginato dal cardinale dell’epoca, Corrado Ursi,
il quale non volle accogliere e trasmettere la relazione di mons. Scanzillo a
Roma, ovvero, in Vaticano, alla Congregazione per il Clero e, in CEI, alla
Segreteria: «Credo che, all’epoca, il Card. Ursi sia rimasto stizzosamente
contrariato dal pensiero del suo Clero e questo spiegherebbe lo scontro
avvenuto tra me e lui» (Pianticelle divelte, p. 47). E ancora:
«C’eravamo appena seduti quando il Cardinale Ursi, rivolto a me – mi conosceva
bene, perché non era la prima volta che… interloquivamo… – con rabbia mi
apostrofò, dandomi del disonesto, perché mi ero permesso di far
distribuire in Curia, senza permesso, “quella Relazione”, aggiungendo altre
cose e parole certamente non lusinghiere nei miei confronti, forse perché mi
considerava il principale colpevole della “scandalosa pubblicazione e
diffusione” di un documento – così concludeva l’invettiva – che lui non
considerava pensiero del Clero Napoletano» (ivi, p. 72).
Tutto questo, e molto altro sulle vicende del clero
partenopeo e non solo, sotto i pontificati di Paolo VI e Giovanni Paolo II,
fino a papa Benedetto XVI e papa Francesco, viene appunto riportato e
commentato – spesso con disappunto critico e libertà di pensiero - nel volumetto
di Poggi, nel frattempo “fattosi da solo” fino a diventare Direttore generale
di una ASL di Napoli (si noti che i 'reduci' del clero di quell’effervescente
periodo hanno oggi tra i 76 ed i 100 e più anni: quanti ne sono e come
ascoltarli in stile sinodale?). I presagi di Poggi sul futuro del Sinodo
mondiale dei vescovi (ma ora anche di qualche altra figura laicale e
religiosa, come ha decretato papa Francesco) non sono, tuttavia, ottimisti:
«Credo che oggi, nonostante la preparazione generale a un Sinodo mondiale
dei vescovi sulla sinodalità (atteso per l’anno santo 2025), ci sia la
volontà effettiva di voler veramente affrontare, sia nei Sinodi particolari che
in quello generale, argomenti di grossa rilevanza dando libera parola al
Popolo di Dio e ai Pastori più lungimiranti, che sanno bene quali siano i veri
problemi della Chiesa ed ai quali sta veramente a cuore il suo futuro» (ivi, p.
80).
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