Il Potere Trasformativo del Dialogo: Gesù e la Samaritana al Pozzo di Giacobbe (cf. Gv 4,5-42)
Il Potere Trasformativo del Dialogo: Gesù e la Samaritana al Pozzo di Giacobbe (cf. Gv 4,5-42)
L’attualità della pedagogia del metodo educativo di San Giovanni Bosco (1815-1888)
Per comprendere appieno la ricchezza e l'attualità della pedagogia di Don Bosco, attraverso l'applicazione del suo metodo educativo "preventivo", è essenziale considerare il contesto storico ed educativo in cui operò. Il 1800 in Italia fu il secolo del Risorgimento e della rivoluzione industriale, un'epoca di ricerca dell'identità e dell'unità nazionale. In ambito educativo, prevaleva il metodo "repressivo", basato sulla "punizione" e il "castigo" per "correggere" i comportamenti indesiderati degli allievi. Questa ‘pedagogia del terrore’, in alcuni casi, allontanava i giovani dalla scuola e dall'istruzione, costringendoli a intraprendere la dura strada del lavoro sottopagato o, addirittura, a cadere nella delinquenza.
Questo metodo rivoluzionò il pensiero pedagogico-educativo
dell'epoca. Don Bosco, nel teorizzare e applicare tale metodo, partì da una
visione antropologica positiva, derivata dalla Bibbia e dal Cristianesimo:
l'essere umano è capace di bene, nonostante la sua inclinazione al male. Il ‘peccato
di Adamo’ ha deturpato, ma non ‘distrutto’ - come sosteneva il giansenismo,
ancora influente in quegli anni - il cuore dell'uomo, rendendolo resistente
alla realizzazione del bene. Tuttavia, con l'approccio giusto e l'aiuto della
grazia divina, l'uomo, e in particolare il giovane, è capace di bene. La visione educativa di Don
Bosco si fonda sul
presupposto biblico
che ogni giovane possieda una naturale predisposizione al bene. Questa,
tuttavia, può essere repressa dai condizionamenti del contesto familiare,
scolastico e sociale. L'educatore, quindi, deve impiegare la ragione, la
religione e l'amorevolezza per ‘tirare fuori’ questa predisposizione, farla
emergere e coltivarla nel tempo. A partire da tali presupposti, si comprende
l'ideazione dell'oratorio, ispirata a San Filippo Neri, concepito come spazio e
luogo di educazione e formazione. Questo avveniva attraverso attività ludiche,
ricreative, sportive, musicali, teatrali, uscite e mediante l'educazione alla
fede. Don Bosco riteneva inoltre indispensabile che l'educatore fosse in grado
di intercettare e distinguere l'indole degli educandi, sollecitando le loro
attitudini e valorizzando i loro talenti attraverso una relazione educativa
impostata sull’esercizio di una paternità comprensiva. Così facendo, si possono
‘prevenire’ e ‘correggere’ nei giovani attitudini non buone, si può deragliare
l’instaurarsi di cattive abitudini. Si rende necessario, inoltre, l’esercizio e
l’educazione alla disciplina (indicare delle regole e sollecitarne
l’osservanza), attraverso la vigilanza e la testimonianza di una vita onesta.
L’educatore deve essere credibile e mostrare ai giovani che quanto va dicendo è
concretamente realizzabile. Infine, don Bosco ripeteva spesso quanto segue:
Emmaus: la pedagogia Divina tra rimprovero e rivelazione
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Uno dei racconti evangelici sulla Resurrezione di Gesù più suggestivi ed emblematici è senza dubbio il brano relativo ai discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,13-35). Questi due discepoli, uno dei quali di nome Clèopa, mentre dell'altro l'identità rimane "ignota", particolare che alcuni studiosi interpretano come un'intenzione pedagogica dell'agiografo. L'anonimato del secondo discepolo permetterebbe, infatti, ai lettori di ogni epoca di identificarsi con lui. Dopo i drammatici eventi della passione di Gesù, i due discepoli, sconvolti, delusi e affranti, fecero ritorno alle loro case, abbandonando Gerusalemme. Durante il cammino, un particolare interessante si verificò: uno "Sconosciuto" si avvicinò a loro, condividendo il viaggio. Costui li interrogò, chiedendo perché fossero così afflitti. Essi narrarono di aver "visto" la loro "speranza" infrangersi dinanzi ai loro occhi, vedendo Colui nel quale l’avevano riposta appeso a una croce. La morte aveva portato via tutti i sogni, lasciando solo amarezza e disperazione, annebbiando i sensi, offuscando le emozioni, dissipando la gioia e spegnendo il cuore. Proseguendo il cammino, i due discepoli dissero allo "straniero" che alcune donne, recatesi al sepolcro, non avevano trovato il "corpo" di Colui che essi "speravano" fosse il Messia-Salvatore annunciato dai Profeti. Queste donne riferirono di aver avuto visioni nelle quali si attestava che Gesù era vivo. Tuttavia, gli Apostoli, che erano con loro, si erano precipitati al "sepolcro", ma non avevano visto il Corpo. Questi due uomini erano pertanto delusi: speravano ardentemente in un Salvatore politico, che avesse liberato la Palestina dal dominio di Roma e instaurato "qui ed ora", subito, mediante manifestazioni prodigiose, la pace, il diritto, la giustizia, ovvero la salvezza. Non essendosi verificato ciò, delusi e arrabbiati, volevano lasciarsi tutto alle spalle, tornare al punto di partenza e ricominciare la loro vita.
Il professor
Michele Ciccarelli, con Coscienza e
Potere, propone una riflessione stimolante e attuale, un invito a liberare
la coscienza dall'atrofia che la affligge e a riscoprirne il significato
profondo. La coscienza, secondo Ciccarelli, è un'ambivalenza: la consapevolezza
del vissuto emotivo e, al contempo, il principio che guida le scelte etiche, il
discernimento tra bene e male.
L'autore affronta poi un altro tema cruciale: il potere. Spesso
percepito in modo negativo, il potere, se esercitato con saggezza e sorretto da
una coscienza matura, può essere garanzia di libertà e sicurezza. Ciccarelli
dimostra come la coscienza, intesa sia come esperienza emotiva che come
principio etico, sia il fondamento di un potere responsabile e liberatorio.
Attraverso una lettura originale e profondamente esistenziale
dei testi biblici, Ciccarelli guida il lettore in un percorso di scoperta della
coscienza e del potere, invitandolo a riflettere su questi temi cruciali per la
vita individuale e collettiva. Recuperare
l'idea kantiana di "coscienza", oggi pesantemente "depotenziata",
è l'obiettivo del testo. L'intento è quello di "sollecitare" nei
lettori curiosità, interesse, passione e ricerca per le grandi domande che
possono conferire un orizzonte di senso possibile alla società del terzo
millennio.
Nell'epoca dell'intelligenza artificiale, del progresso
tecnologico e della transizione energetica - rileva Ciccarelli - l'essere umano
non si interessa più del bene e del male. Il suo modo di essere e di agire
appare dominato dalla logica esclusiva dell' "io". Diventa quindi necessario
"ritornare alle fonti" della saggezza per recuperare l'umanità che
l'uomo pare ormai stia smarrendo.
Meditando la Passione di Cristo, costruire alleanze nel bene (cf. Lc 23,8-12).
🐧 << 'a meglio parola è ch’ella ca nun se dice>>
La migliore parola, talvolta, è quella che non si
proferisce.
La saggezza popolare antica aveva ben compreso il
valore del silenzio. Lo stesso che si
può intercettare - ad esempio - nel
racconto della passione all’interno del Vangelo secondo Luca in merito a Gesù
dinanzi a Erode Antipa (cf. Lc 23,8-12).
Un silenzio direi più che loquace che pone in evidenza la banalità e le contraddizioni del male. Si accusa falsamente Gesù di sobillare il popolo incitandolo a non rendere il proprio tributo a Cesare e ciò in nome della Torah e gli stessi accusatori non si rendono conto che stanno commettendo “falsa testimonianza”. Si esalta Cesare e si manca al primo insegnamento della Torah: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Si pone in luce che Erode e Pilato in occasione del processo “al giusto innocente” fanno pace e che fino a quel momento vi erano forti tensioni tra i due. Ciò sta a significare e, a dimostrare che, il male costituisce sempre la scelta più facile e quella che suscita più consensi ed alleanze. Il bene,invece, richiede impegno e per attuarlo a volte occorre bypassare innumerevoli ostacoli, poiché incontra forte contrapposizioni. Gesù però con il suo atteggiamento non si scompone, non si agita, semplicemente resta fedele al suo essere e al suo agire. Dinanzi ad Erode - personaggio dalla reputazione morale compromessa - colui che aveva autorizzato la morte del Battista, tace e prosegue per la sua strada. Il Signore insegna fino alla fine l’umiltà, la giustizia, l’amore. Da questo brano si può dedurre una lezione di resilienza nel bene, bisogna promuovere e costruire alleanze per rendere contagioso il bene e non il male. In quanti contesti oggi si può rilevare che il male dilaga e il bene é, il più delle volte, osteggiato, ostacolato e impedito? In non pochi contesti anche di fede sé si vuole criticare o screditare qualcuno- ad esempio- si trova subito una platea disposta ad ascoltare e ad aggiungere elementi, una giuria sempre pronta a dare verdetti. Se paradossalmente,invece, si propone di realizzare una buona opera a favore di qualcuno iniziano subito ed emergere dubbi, ostacoli, perplessità. Quante calunnie e diffamazioni oggi si propagano facilmente mediante l’utilizzo sconsiderato dei social?
@scenari.futuri Il potere trasformativo del dialogo, Gesù e la Samaritana al pozzo di Giacobbe Giuseppe Lubrino analizza l'incontr...