Nel mondo cattolico, soprattutto dopo la pubblicazione della nota dottrinale Mater Populi Fidelis, si è acceso un rinnovato interesse per la figura di Maria. Questo coinvolgimento si muove in due direzioni: da un lato si ribadisce la subordinazione di Maria a Cristo, dall’altro si tende verso un massimalismo mariano che talvolta sfiora i limiti dell’ortodossia. In tale contesto, le verità di fede legate alla Madre di Dio incontrano oggi nuove forme di opposizione.
Tra le
verità più discusse vi è certamente il dogma dell’Immacolata Concezione. Questa
dottrina, da sempre sostenuta dalla Chiesa, iniziò a svilupparsi già nel
Medioevo. Giovanni Duns Scoto, francescano e teologo del XIII secolo, offrì la
chiave di comprensione: Maria fu preservata dal peccato originale in previsione
dei meriti di Cristo. Con la celebre formula Potuit, decuit, ergo
fecit – Dio poteva, era conveniente, dunque lo fece – Scoto sintetizzò un
pensiero che univa rigore teologico e devozione popolare.
La sua
intuizione aprì la strada al dogma proclamato da Pio IX nel 1854 con la
bolla Ineffabilis Deus, che afferma: «Dichiariamo, pronunziamo e definiamo
che la dottrina, la quale sostiene che la beatissima Vergine Maria, nel primo
istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio
onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere
umano, fu preservata immune da ogni macchia di colpa originale, è dottrina
rivelata da Dio e perciò deve essere creduta fermamente e costantemente da
tutti i fedeli».
Quattro anni
dopo, a Lourdes, la Vergine confermò con parole semplici e definitive: «Io sono
l’Immacolata Concezione». Un sigillo che lega la riflessione del teologo medievale
alla voce della fede vissuta dal popolo. Successivamente, il Magistero ribadì
questa verità con l’enciclica Fulgens Corona di Pio XII (1953) e con
la Lumen Gentium del Concilio Vaticano II (n. 56), che pone l’accento
sui riferimenti biblici e patristici: Maria, con l’annuncio dell’angelo,
accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò la vita al mondo. Così,
come Eva disobbedendo divenne causa di morte per sé e per l’umanità, Maria,
obbedendo, divenne causa di salvezza. Perciò i Padri antichi affermano con
gioia che “il nodo della disobbedienza di Eva fu sciolto dall’obbedienza di
Maria”; e che “ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità, la Vergine
Maria sciolse con la sua fede”. Confrontandola con Eva, chiamano Maria “Madre
dei viventi” e ripetono: “la morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di
Maria”.
Il
Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 491-492) riprende questa verità,
richiamando Genesi 3,15 e Luca 1,28: Maria ha sperimentato la Redenzione in
modo preventivo, “in vista dei meriti di Cristo”. Pur nata da Gioacchino e
Anna, fu preservata dal peccato originale per grazia di Dio, affinché dal suo
grembo incorruttibile potesse nascere il Verbo (cf. Gv 1,14).
Questa
verità ha suscitato e continua a suscitare scetticismo, anche in ambienti
cattolici. Nel contesto culturale attuale, appare incomprensibile e
scientificamente infondato il fatto che Gesù di Nazareth sia stato concepito da
Maria e che Ella sia rimasta vergine prima e dopo il parto. In un’epoca segnata
da un mercato del sesso “low cost”, dove la sessualità appare fragile e ridotta
a consumo effimero, può sembrare persino folle accennare a un mistero simile.
Come
spiegare ai giovani, sempre più istruiti e “informati” dall’intelligenza
artificiale, una verità di questo genere? Viviamo in un tempo in cui si
accolgono senza spirito critico teorie come quelle di Mauro Biglino, secondo
cui l’umanità discenderebbe da una razza aliena, o superstizioni come la
leggenda del gatto nero. Cresce l’interesse per il paranormale e l’occulto, ma
quando si tratta di accogliere una verità di fede, questa sembra disturbare e
persino offendere la sensibilità di molti. È uno dei paradossi tipici del
nostro tempo.
Eppure, vi è
una ragione nell’apparente irragionevolezza del dogma dell’Immacolata Concezione:
esso è radicato nell’ordine della giustizia divina. Se il Dio della Rivelazione
giudeo-cristiana è un Dio di amore e di giustizia, allora ci si può avvicinare
al mistero sublime della Vergine perpetua e immacolata. Eva, la prima donna,
cadde vittima delle lusinghe del serpente e trascinò con sé Adamo nella
disobbedienza. L’armonia originaria fu infranta dalla scelta di due volontà che
preferirono credere al serpente piuttosto che al comando divino.
Il racconto
ha un tono mitico, ma il mito veicola verità attraverso un linguaggio figurato:
educa alla scoperta e alla comprensione del mistero. Maria è l’Immacolata
perché, come Dio permise la caduta di Eva, così rese possibile la gloria di
Maria in vista del Figlio suo Benedetto. Nell’economia della salvezza è giusto
che, come Eva concorse alla disobbedienza di Adamo, così Maria concorse
all’obbedienza di Cristo, accogliendo il progetto divino di portare nel suo
grembo il Verbo eterno.
La verità
dell’Immacolata Concezione e della verginità perpetua di Maria non è soltanto
un dogma da custodire, ma un orizzonte educativo per il nostro tempo. Credere
nell’Immacolata significa riconoscere che il Dio eterno ha scelto di farsi Uomo
per visitare e salvare l’umanità: un atto che restituisce dignità e speranza alla
storia. Credere nella verginità perpetua di Maria significa accogliere che
l’agire di Dio supera i limiti della comprensione umana, dimostrando che
l’ordinario può diventare straordinario.
In un’epoca
segnata da scetticismo e da un uso riduttivo della ragione, questa verità di
fede educa a un atteggiamento diverso: invita a non chiudere l’intelligenza nel
recinto del calcolo, ma ad aprirla al mistero, alla gratuità e alla bellezza di
un Dio che si fa vicino. Per i giovani e per ogni credente, essa diventa un
messaggio formativo: la vita non è solo consumo o casualità, ma può
trasformarsi in vocazione, dono e responsabilità. Maria, l’Immacolata e Vergine
perpetua, è segno che la libertà umana, quando si apre all’amore di Dio,
diventa capace di generare futuro e di rendere straordinario ciò che appare
comune.
Giuseppe Lubrino (IRC)

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