In questa mia introduzione ai lavori del Convegno di Sorrento dell 7 ed 8 novembre 2025, in occasione del 430° anniversario della morte di Torquato Tasso, patrocinato dal Centro per la Filosofia Italiana, dall’Accademia Vivarium Novum, dalla Università Luigi Vanvitelli della Campania, dipartimento di scienze politiche; dall'Istituto italiano per gli studi filosofici; dell'Accedemia vivarum novum; dell'associazione docenti italiani di filosofia, ha inteso indagare la dimensione filosofica del poeta richiamado l’attenzione su Torquato Tasso non solo come sommo poeta della Gerusalemme liberata, ma come pensatore del limite, interprete inquieto della condizione umana moderna.
Tasso, infatti, vive e pensa al confine: tra poesia e filosofia, tra fede e ragione, tra angoscia e speranza. La sua opera è un continuo esercizio di conciliazione impossibile — e proprio in questo fallimento, nel suo tormento lucido, egli parla ancora a noi, uomini del XXI secolo, sospesi tra tecnica e spiritualità, tra l’onnipotenza promessa dall’intelligenza artificiale e la fragilità delle nostre coscienze.
Nel mio intervento ho voluto proporre una sorta di “Tasso-renaissance”: un ritorno critico al pensatore che, ben prima di Leopardi, aveva intuito la crisi della ragione e il destino tragico dell’uomo moderno.
Nei suoi Dialoghi — dal Dialogo della dignità dell’uomo al Dialogo della Fortuna — Tasso elabora una visione drammatica della conoscenza, dove la parola poetica diventa lo spazio stesso della ricerca filosofica. Egli intuisce che la verità non è possesso ma tensione, non sistema ma cammino.
In tempi in cui la tecnologia sembra ergersi a nuova divinità, Tasso ci invita a riscoprire il valore della coscienza, della memoria, del desiderio di infinito. La sua voce non appartiene al passato: è un appello presente, rivolto a una cultura che rischia di perdere l’anima nel silenzio delle macchine pensanti.
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