Prete in pensione N. 11
Diario d’estate – 19 agosto
Sotto il sole e sotto lo Spirito
Carissimi fratelli,
quest’estate, attraversando le nostre comunità in servizio durante le ferie dei confratelli, ho sentito qualcosa che mi ha toccato nel profondo: una presenza silenziosa, ma viva. Quella di tanti sacerdoti che ci hanno preceduto. Corpi sepolti, ma spiriti in piedi. 🙏Non so come spiegarlo se non con l’immagine dei semi: loro hanno seminato, e oggi quei semi sono alberi con rami aperti, che accolgono, che nutrono.
Ho visitato la comunità di Sant’Antonio a Terzigno, proprio nei giorni delle esequie di don Salvatore. C’era fuoco — non solo quello reale del Vesuvio che in quei giorni minacciava le pendici, ma un fuoco interiore, che si alzava dal popolo, come un’unica preghiera ardente. In quella chiesa si respirava la sua anima. Non servivano parole. Lì, don Salvatore viveva ancora.
Poi sono passato per Sant’Elia a Sperone. Lì, la liturgia parlava da sé: compostezza, silenzio abitato, ministeri vissuti con discrezione e partecipazione. Tutto così armonico. Era come se don Ennio, umile e riservato com’era, si muovesse ancora tra i banchi, benedicente e presente. Una comunità che non ha perso il timbro della sua voce. E che continua a cantare con quella tonalità.
A Cutignano e a Comiziano ho ritrovato i volti, le opere, il cuore dei nostri fratelli don Nicola e don Aniello. Il loro spirito, come linfa, ancora alimenta quelle radici.
E allora mi sono chiesto:
che ne sarà del sacerdozio in un mondo che sembra voler fare a meno del sacro?
Le chiese si svuotano, la religione si privatizza, il materialismo dilaga come cemento sulle aiuole dell’anima. Alcuni sociologi già annunciano una società senza religioni, senza addetti al culto. Senza sacerdoti. Ma sarà davvero così?
Io non ci credo. Non per cieco ottimismo, ma perché ho visto. Ho visto la fede che resta, anche quando si fa silenziosa. Ho visto la Parola ancora accolta, spezzata, amata. Ho visto di comunità che non sopravvivono ai sacerdoti, ma che vivono di quel sacerdozio che è stato donato loro come lievito.
Il sacerdozio non può finire. Non perché ce lo diciamo da soli, ma perché senza Eucaristia, senza perdono, senza annuncio, il mondo si inaridisce. E noi siamo, come dice la Lettera agli Ebrei, “ministri delle cose che non passano”.
Forse cambieranno i modi. Forse non saremo più al centro del villaggio, ma alla periferia. Forse le nostre comunità saranno più piccole, più fragili, più nomadi. Ma ci saremo. Mischiati tra la gente. Come lievito nella pasta. Come profezia nel deserto.
Sogno pastori dei tempi nuovi.
Non funzionari, ma fratelli.
Non protagonisti, ma servi.
Non padroni di comunità, ma custodi di fuochi.
Uomini che annunciano il Vangelo anche quando non c’è la folla. Che fanno nascere gruppi piccoli ma vivi. Comunità che condividono tutto, come ai tempi degli Atti degli Apostoli.
E anche se il volto della religione cambierà — e forse cambierà — lo Spirito no. E la Parola resta:
«Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
e
«I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».
Allora, in questa estate rovente, tra soste e celebrazioni, ho imparato a guardare con occhi più fiduciosi. E sento di poter dire grazie. Ai tanti sacerdoti che hanno amato, servito, speso la vita in silenzio, senza gloria.
E guardo al futuro con speranza. Perché la vita dello Spirito non è a rischio. E Cristo — il Pastore eterno — continuerà a farsi trovare. E a chiamare. E a inviare.
Un abbraccio fraterno
Non funzionari, ma fratelli.
Non protagonisti, ma servi.
Non padroni di comunità, ma custodi di fuochi.
Uomini che annunciano il Vangelo anche quando non c’è la folla. Che fanno nascere gruppi piccoli ma vivi. Comunità che condividono tutto, come ai tempi degli Atti degli Apostoli.
E anche se il volto della religione cambierà — e forse cambierà — lo Spirito no. E la Parola resta:
«Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo»
e
«I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».
Allora, in questa estate rovente, tra soste e celebrazioni, ho imparato a guardare con occhi più fiduciosi. E sento di poter dire grazie. Ai tanti sacerdoti che hanno amato, servito, speso la vita in silenzio, senza gloria.
E guardo al futuro con speranza. Perché la vita dello Spirito non è a rischio. E Cristo — il Pastore eterno — continuerà a farsi trovare. E a chiamare. E a inviare.
Un abbraccio fraterno
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