Friedrich Nietzsche 31 magg. Sorrento hotel Continental: atti preparatori
(Roma. Presentazione del volume: Per Nietzsche. Interpretazioni italiane, edizioni La Valle del Tempo, Napoli 2025, pagine 306
0.
Introduzione
Balza
subito agli occhi del lettore l’importanza di un volume, che ora presentiamo,
che si propone la ricognizione delle principali interpretazioni italiane del
filosofo Nietzsche. Un volume ricchissimo di pagine e di prospettive, con
numerosi saggi di studiosi che guardano soprattutto alla recezione italiana del
pensatore tedesco, con la prospettiva tipica del Centro per la Filosofia
italiana. Un volume che va letto in aula, prima che personalmente
(farebbero bene i docenti di filosofia a farne oggetto di corsi al Liceo e
all’Università). Un volume che presuppone, inoltre, tutta una serie di passaggi
cronologici (legati, per quanto oggi ci riguarda, soprattutto all’edizione
italiana degli scritti di Nietzsche) e, soprattutto, un ritorno critico sulle
prime e sulle più recenti recezioni del filosofo tedesco in ambienti non
soltanto specialistici, ma anche, per così dire, quotidiani.
1. Un materiale “incandescente”
La storia della filosofia del Novecento, nel particolare versante del suo interesse verso il Filosofo tedesco Nietzsche - che inaugura l’ultimo secolo del millennio -, si trovava di fronte a un materiale così incandescente e scarsamente univoco, per cui, secondo le varie angolazioni adottate da editori e commentatori, fu possibile fare, di Friedrich Nietzsche, ora il precursore del nazismo, ora il ribelle aristocratico, propugnatore di un pensiero reazionario, ora l’«amico della solitudine» che annunciava una democrazia a venire, ora il radicale e anti-dialettico pensatore genealogico dello scontro di forze e della destituzione del Soggetto, ora il filosofo della morte di dio, paladino del più intransigente ateismo, come pure
il
più autentico seguace di un cristianesimo, che si condenserebbe nel carattere
affermativo di un amore senza condizione.
Già nella prima metà del Novecento, nel riconsiderare la
questione del nichilismo europeo in uno stadio cruciale del suo
sviluppo, si trovavano due idee di volontà, entro i cui rispettivi ambiti si
sarebbe generato, seppure su piani differenti, l’errare originario che
caratterizza la cultura occidentale: per Nietzsche, a motivo del
“pervertimento” della volontà di potenza; per Michelstaedter, per aver edificato
idoli rassicuranti che corrispondevano ad una strutturale deficienza
ontologica.
Da parte sua, a fine Novecento, Gianni Vattimo ci
consegnava una «Avvertenza», che voleva essere una fondamentale lezione di
ermeneutica, di cui qualunque interprete dovrebbe probabilmente ancora far
tesoro: «L’interpretazione dell’opera di un filosofo, e tanto più di un
filosofo come Nietzsche – lui stesso così “atmosferico” e così poco incline a
scrivere l’opera “definitiva” – è sempre intensamente legata al complesso delle
vicende teoriche dell’interprete e, più in generale, del tempo».
E a sua volta, secondo Mario Perniola, la filosofia di Nietzsche costituirebbe il proprium della cosiddetta post-modernità: l’enigmaticità del presente, una volta venute meno le idealità entro cui si raccoglieva, non consiste soltanto in questa rottura che, essendo transito, non è, paradossalmente, una rottura; l’enigmaticità del presente è quella di un’esperienza stessa in cui il soggettivo, come la modernità lo ha pensato, viene meno, dando luogo ad un eccesso, che è tale anzitutto nei confronti della logica dell’identità...
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