Clero e abusi sessuali, fra diritto canonico e diritto secolare
di Ennio Tardioli
Mi complimento per il volume di ENNIO TARDIOLI, Clero e abusi sessuali. Fra diritto canonico e diritto secolare, presentazione di Luigi Sabbarese, cs, Gruppo editoriale Tab s.r.l., Roma 2024. Egli scrive: «Questo lavoro, dal titolo Clero e abusi sessuali. Fra diritto canonico e diritto secolare, analizza la tematica alla luce della normativa italiana e canonica» (p. 19).
Il
volume mi sembra lineare, informato e molto utile per chi studia i problemi
della tutela dei minori e delle persone particolarmente vulnerabili, sotto gli
aspetti giuridici e canonistici, con chiare implicazioni teologico-pastorali.
Certamente è un libro che risponde all'obiettivo espresso da p. Sabbarese:
"La consapevolezza deve condurre a un cambiamento di paradigma culturale,
antropologico e teologico, che considera l’abuso di potere, di coscienza e
sessuale nella Chiesa come una violazione dei comandamenti di Dio e della
dignità della persona: ogni abuso intacca il fondamento della fede e svuota le
vittime della fede in Dio, della fiducia nei suoi ministri e della fiducia in
sé stessi".
Tardioli così sintetizza la sua fatica editoriale: «Il capitolo primo consta di tre paragrafi in cui analizzeremo il tema degli abusi sessuali prima in generale, poi secondo il diritto penale italiano ma solo nella parte sostanziale senza riferimenti al diritto processuale avendo esclusivamente lo scopo di spiegare i termini della questione» (p. 20). Si precisa la nozione di minore e di abuso, alla luce della legislazione europea e italiana, delle principali teorie psicologiche e psichiatriche, osservando che «il Legislatore [italiano] del 1996 ha collocato i delitti contro la libertà sessuale fra i delitti contro la libertà personale, cioè nel Libro II, Titolo XII, Capo III del c.p.» (p. 27). A sua volta, il diritto penale canonico nato dal Vaticano II era considerato troppo “garantista” perché poneva l’accento sulla tutela dell’accusato rendendo quasi impossibili le condanne, di conseguenza si convenne con Giovanni Paolo II che era necessario attribuire il delitto di pedofilia alla competenza esclusiva dell’allora CDF con la dicitura Delicta maiora contra fidem per poter comminare la pena della dimissione dallo stato clericale ai sacerdoti colpevoli, in quanto questo delitto danneggiava anche la fede. Osserva Tardioli: « In verità più che di delicta graviora bisognerebbe parlare di delicta reservata in quanto con la prima espressione si intende solo una particolare categoria di
crimini
relativi alla morale e alla celebrazione dei sacramenti ricompresi nei delicta
reservata» (p. 136), tra i quali vi sono, appunto «quelli contra mores sono:
il delitto contra sextum commesso da un chierico con un minore di
diciotto anni cui viene equiparato colui che abitualmente ha un uso imperfetto
di ragione; l’acquisizione, la detenzione e la divulgazione a fine di libidine
di immagini pornografiche di minori al di sotto di diciotto anni da parte di
un chierico in qualunque modo e con qualunque mezzo» (pp. 137-138). Tardioli
sceglie di delimitare «il campo di indagine alle sole fattispecie di pedofilia
e di pedopornografia» (p. 138)
«Nel
capitolo secondo, formato da quattro paragrafi, è esposta la normativa canonica
sui delitti in parola, inserendola nel panorama più ampio della riforma del
diritto penale canonico voluta da Papa Francesco con la costituzione
apostolica Pascite gregem Dei del 23 maggio 2021, entrata in vigore per
la Chiesa latina l’8 dicembre 2021» (p. 20), La convinzione, condivisibile, di
Tardioli: «È ancora attuale il diritto penale nella vita della Chiesa? La
risposta è affermativa in quanto la Chiesa come società visibile è costituita
da uomini che per natura sono inclini al male a causa del peccato originale che
ne ha indebolito la volontà, e perciò ha bisogno di norme coercitive per poter
far fronte a delitti canonici che colpiscono la vita della comunità ecclesiale»
(p. 79). Il diritto penale va collocato nell’orizzonte della Curia romana e del
diritto penale nella Chiesa, che riguarda sia clero che laici. Presso il
Dicastero per la dottrina della fede, è stata istituita anche la Pontificia
Commissione per la Tutela dei Minori, «il cui compito è fornire al Romano
Pontefice consiglio e consulenza e altresì proporre le più opportune iniziative
per la salvaguardia dei minori e delle persone vulnerabili assistendo Vescovi,
Eparchi, Conferenze Episcopali e Strutture gerarchiche delle Chiese Cattoliche
Orientali in questo ambito» (p. 135).
«Infine
nel capitolo terzo abbiamo esposto la normativa che la Chiesa italiana si è
data per far fronte ai casi di abuso sessuale, esaminando il contesto
ecclesiale compreso il Primo Report sugli abusi commessi dal clero
italiano nel biennio 2020-2021 e l’evoluzione delle direttive in cui sono nate
le vigenti Linee guida della CEI per la tutela dei minori e delle
persone vulnerabili aggiornate nel 2023» (p. 21).
Da parte mia, ricorderò certamente l’aggiornamento della definizione di minore e di persona vulnerabile, finalizzata a configurare esplicitamente i casi di abuso, come si è avuto con la Lettera apostolica in forma di motu proprio Vos estis lux mundi (7.5.2019)[1], che definisce al par. 2 dell’art. 1: «a) “minore”: ogni persona avente un’età inferiore a diciott’anni o per legge ad essa equiparata; b) “persona vulnerabile”: ogni persona in stato d’infermità, di deficienza fisica o psichica, o di privazione della libertà personale che di fatto, anche occasionalmente, ne limiti la capacità di intendere o di volere o comunque di resistere all’offesa; c) «materiale di pornografia minorile»: qualsiasi rappresentazione di un minore, indipendentemente dal mezzo utilizzato, coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, e qualsiasi rappresentazione di organi sessuali di minori a scopi di libidine o di lucro». Che il Magistero della Chiesa avesse preso piena coscienza che non si possano più seguire strade evasive, ma che si dovesse, per così dire, “prendere il toro per le corna”, lo si constatava già prima di papa Francesco, esattamente nell’anno 2010, allorché fu pubblicata un’intervista sui “temi caldi” nei primi cinque anni da Papa del già professore di teologia Joseph Ratzinger (intervistato già due volte nel 1996 e nel 2000 da Peter Seewald), il quale era stato chiamato al pontificato il 19 aprile 2005. Un testo, questo[2], che fu comunque autorizzato da Benedetto XVI, il quale «non ha, modificato la parola pronunciata ma apportato solo piccole correzioni»[3]. Un punto molto delicato, anche teoreticamente, che ritorna in diverse parti dell’intervista di Ratzinger, è quello di collocare anche il caso degli abusi sessuali all’interno di un nuovo orizzonte relativo ai rapporti tra Chiesa e modernità, tema che rappresenta quasi un commento e una precisazione di quanto già scritto nella Spe salvi. La modernità, criticata a Seewald dal Pontefice, è prevalentemente quella del mondo occidentale, laddove c’è una certa avversione, anzi ostilità, per la Chiesa[1] e, in alcune nazioni (come la Germania), per la persona stessa del Papa: «è un fatto, una realtà e fa parte del Cattolicesimo del nostro tempo che nella Germania cattolica esista un numero considerevole di persone che, per così dire, aspetta solo di poter colpire il Papa»[2]; quella medesima modernità che «ha cercato la propria strada guidata dall’idea di progresso e da quella di libertà»[3], senza tener però conto della deriva che intende questo rilevante dinamismo umano «come libertà di poter fare tutto»[4], nonché del rischio che il progresso potrebbe essere anche distruttivo allorché utilizzasse il potere della conoscenza senza tener presente la sua rilevanza etica e procedesse «privo di fondamenta morali»[5].
[1] AAS 111
(2019), 823-832. Per queste definizioni, ivi, p. 825. Questa Lettera segue e
precisa quanto contenuto nella Lettera apostolica in forma di motu proprio del
sommo Pontefice Francesco sulla protezione dei minori e delle persone
vulnerabili (26.3.2019), nella Curia Romana e nello Stato della Città
del Vaticano, qui finalizzata a «rafforzare ulteriormente l’assetto
istituzionale e normativo per prevenire e contrastare gli abusi contro i minori
e le persone vulnerabili»: AAS, 111 (2019), 486, ma soprattutto le Linee
guida (26 marzo dell’anno 2019), ivi, 596-602. Papa Francesco aveva
già segnalato il proprio preciso orientamento in Occursus institutionis
quae est “Tutela Minorum in Ecclesia”: Summi Pontificis sermo sub Eucharisticae
Celebrationis finem (Die 24 Februarii 2019): AAS 111 (2019), pp.
318-328.
[2] Benedetto XVI, Luce
del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi. Una
conversazione con Peter Seewald, edizione
italiana a cura di Pierluca Azzaro, Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 2010, pp. 284.
[3] Dalla Premessa di P. Seewald, 7-13, qui pp. 11-12.
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