domenica 1 settembre 2024

Il postino. La metafora di un'emozione

Il postino. La metafora di un'emozione

Irene Cocco ci restituisce la profondità di un pensiero che riesce a volgere l’ignoranza in conoscenza ed il conoscere in agire.

Quando un film come il Postino sopravvive agli anni, che passano implacabili, vale a dire che racchiude in sé qualcosa di molto speciale, per cui non ci meravigliamo di fronte all’eccezionalità dello specifico filmico, che viene, significativamente esibito, in un denso libro intitolato il Postino. La metafora di un’emozione, da Irene Cocco.
Una perspicua ideazione e un’ottima curatela contraddistinguono questo volume, che ben si colloca nel rinnovato fervore di studi, cui ha dato occasione il trentennale del film, che presenta, nella nitida ed elegante veste grafica della Valle del Tempo, anche svariate interviste ad artisti e critici, volte ad approfondire aspetti fondamentali sia del lungometraggio stesso sia dell’estroso talento poliedrico di Massimo Troisi, che fu sempre attento alla lezione della tradizione, assieme alle problematiche della cultura cinematografica a lui contemporanea.
In effetti, nelle intenzioni di questo lavoro, oltre all'impianto di un discorso critico su il Postino, c’è anche l’impegno a delineare altre possibili interpretazioni, verificando, peraltro, quelle fasi, finora esplorate, di un iter artistico felicemente accidentato, lungo il quale la scrittura si è trasformata in film.


In tale prospettiva, l’autrice ricostruisce, di Troisi, la duplice esperienza di attore e di co-sceneggiatore, due attività diverse ma contigue, che, spesso, esercitano un reciproco condizionamento.
Siamo al cospetto di una complessa disamina dell’opera pluricorde de il Postino, effettuata con un lucido slancio analitico; un libro suggestivo, convincente, che raggiunge molte conclusioni, tutte ricche di stimoli, che, tra l’altro, fanno emergere un itinerario segnato da un’impostazione originale e perspicace, suggerendoci, nel contempo, pure interessanti chiavi interpretative, ancorate, per di più, ad un prezioso dosaggio informativo. Bisogna, quindi, riconoscere una solida godibilità a questa agile monografia, a cui vengono consegnati, oltretutto, gli ardui tracciati dell’attività attoriale di Troisi, che affronta l’impresa con entusiasmo, nonostante fosse ormai prossimo al suo definitivo congedo dall’arte e dalla vita.
Nell’enucleare i fondamentali assunti critici, Irene Cocco evidenzia l’esatta cognizione della dimensione artistica de Il Postino, nonché un efficace inquadramento storico del film anche come speculum antropologico; d’altro canto, ha scritto un libro paradigmatico nel suo genere, per la perizia con cui riesce a organizzare un discorso puntuale, pur mostrando un materiale estremamente eterogeneo. Inoltre, anziché limitarsi a cesellare ai margini dell’icona Troisi, ha ricostruito, in maniera utile e intrigante, il legame e gli snodi con la soverchiante tradizione filmica, mediante un interessante percorso metaforico e, nello stesso tempo, realistico, che conduce situazioni e personaggi a confrontarsi persino con l’immanenza contestuale della selvaggia bellezza della natura.
D'altronde, non è certo un caso che proprio questo film, fascinoso e doloroso, abbia sancito la statura universale di Troisi, grazie pure alla candidatura postuma all’Oscar e all’ammirata ricezione dei media internazionali.

Per un artista come Massimo Troisi, che, in un’intervista, ha dichiarato di essersi sempre adoperato per spettacolarizzare ciò che sentiva dentro, la partecipazione a il Postino ha comportato la sperimentazione della contraddizione ironica, dell’infingimento e del paradosso, straordinari vettori per esprimere non solo temi personali ma, soprattutto, globali.

In questo film-testamento, individuiamo un Troisi riflessivo, consapevole che da lì sarebbe partita l’universalità del suo modo di fare arte: è il film che lo renderà famoso nel mondo e di cui
la stampa estera si occuperà parecchio, anche se ad alcuni non sembrava che potesse essere stimato a così alti livelli. Eppure Troisi è uno dei pochi geni sicuri: talento vero, sempre attratto dalle novità, mai timoroso di cambiare, intento ad attingere da quelli che lui riteneva maestri e la cui opera considerava vocabolario per la propria espressività; possedeva, in più, l’arte di nascondere l’arte, l’essere naturalissimo e in apparenza improvvisato, curando invece, in maniera sbalorditiva, i tempi giusti.
Troisi ha, costantemente, difeso la frontiera napoletana del sentire e del patire, ritenendo di dover fare ricorso, al di là di ogni azione veristica, ad un rigore interpretativo estremamente persuasivo, oltre che a risorse linguistiche accattivanti, nonostante l’accento utilizzato risultasse stretto e marcato rendendolo, così, eccessivamente connotato, addirittura ctonio, diremmo.
Troisi ha sempre saputo che in gioco c’era l'autonomia di una cultura libera ed universalmente umana. Del resto, il tratto caratteristico dell’artista freelance è proprio quello di sostenere ogni sforzo volto ad inserirsi in un contesto più ampio.
Ci troviamo di fronte ad un nunc stans, per cui stiamo vivendo un’occasione straordinaria nel ripercorrere, attraverso l’accurata esegesi di Irene Cocco, l’eccezionale vicenda artistica de Il Postino e di Massimo Troisi, uno degli artisti più originali dell’arte filmica moderna e del quale risulta tuttora difficile spiegare la personalità irregolare, l’eclettismo imprevedibile, la versatilità atipica, per vocazione e per scelta.
Troisi era perfettamente conscio di non far parte di alcuna scuola o conventicola e di essere formato da un insieme di esperienze, diversissime, ma comunque unite dal filo del rapporto ineludibile con l'Arte; sostiene la prova de il Postino con il solito impeto stravagante che diviene, poi, un vero e proprio campo dialettico, in cui ogni suo intervento è una provocazione per la banalità, un continuo mettere in evidenza una recitazione, talora esuberante, ma sempre gustosa, ritmica ed equilibrata: per tutto questo, l’esperienza de il Postino si può considerare un punto di svolta per un attore di razza quale era lui.
Massimo Troisi è stato, anzi è un maestro suo malgrado, di quelli che non lasciano eredi anche per la loro unicità, quella stessa unicità che si è rivelata, in seguito, un formidabile carburante creativo, per cui, volendo imparare qualcosa da lui, bisogna basarsi sulla sua oltranza stilistica, che ha sempre giocato su più tavoli per un rapporto di arte/qualità nondimeno eccellente, soprattutto per quella sua irripetibilità così responsabile e felice di se stessa, ma di una felicità intelligente, edotta, persino un po’ misteriosa.
Irene Cocco ci restituisce, in questo libro dedicato a il Postino, la figura di Massimo Troisi e la profondità di un pensiero che si nutre non solo di tradizione e fantasia, di stupore e di energia, ma che riesce, tuttavia, a volgere l’ignoranza in conoscenza ed il conoscere in agire.
Nel suo personaggio, Troisi esibiva un’umiltà o meglio una consapevole inadeguatezza nell’affrontare le normali situazioni della vita, derivante da un’antica, arcaica, sapienza, che veniva da lontano e che riappariva in lui, sagace e in una forma inconsueta, ma sempre vincente sulla strombazzata modernità degli altri.
In conclusione, Troisi ci ricorda quel grande nuotatore, che, negli Aforismi e frammenti di Franz Kafka, sebbene avesse conquistato un record olimpico, anzi mondiale, non sa dire come lo ha ottenuto, visto che, pur avendone il desiderio, non aveva mai trovato il tempo di imparare a nuotare: «In realtà io non so nuotare», afferma. Questa indimenticabile confessione del campione kafkiano, che equivale al “conosci te stesso” dell’oracolo delfico o della maieutica di Socrate, ci fa anche tornare a mente la frase che si legge all’ingresso del Memoriale dell’11 settembre a New York, per ricordare le vittime delle Torri gemelle: «No day shall erase you from the memory of time», ossia «nessun giorno vi cancelli dalla memoria del tempo». È un verso dell’Eneide di Virgilio, scritto più di duemila anni fa, che ben si attaglia non solo su un artista d’ingegno, precocemente mancato, come Massimo Troisi, ma anche su un film cult come Il Postino.
Giuseppina Scognamiglio

🔖Il libro è edito da La valle del Tempo di Napoli, dove il prof. Giustiniani dirige le collane "Scenari" e "Biblioteca di Scenari"

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