mercoledì 14 settembre 2022

Perché non possiamo non dirci cristiani? Croce e i neotomisti di Napoli

 

Comune di Terni

Il giornale “Il Mezzogiorno di Napoli”, nel numero del 6-7 febbraio 1923, pubblicò un’intervista, rilasciata il giorno precedente dal senatore Croce (il quale era nel Senato dal 1910), divenuto ormai riconosciuto e affermato Compilatore de La Critica. A don Benedetto, antico allievo del Collegio “La carità” in Napoli, viene chiesto inizialmente di dire qualcosa circa il suo rapporto con Giuseppe Prisco (che all’epoca dell’intervista, era ormai cardinale arcivescovo della città partenopea). Sappiamo, così, che al termine degli studi liceali, Benedetto - che pure, come racconta nel Contributo alla critica di me stesso (1915), per una crisi religiosa si era allontanato dal cattolicesimo famigliare -, rimasto in debito di gratitudine con il professor Prisco, volle andare personalmente a ringraziarlo per quanto ricevuto, recandosi a casa del monsignore, sita in Napoli, al Vico Pazzariello ai Banchi nuovi n. 16, dove Prisco teneva lezioni private di Filosofia del diritto agli studenti di giurisprudenza (non senza osservare, il Croce, con la solita finezza letteraria, la dissonanza tra l’acume speculativo di Prisco e la stramba denominazione della via in cui si era trovato ad abitare). Del resto, Prisco produceva in una città per così dire filosofica, dove aveva operato il grande Vico, «nemico dell’aristotelismo e dello scolasticismo» e dove, intorno al 1860, le numerose opposizioni e contrasti tra diverse vie filosofiche erano vita filosofica e filosofia diffusa nell’ambiente, come scrive testualmente Croce nel 1909: «Giobertiani, fornariani, fornisti, hegeliani di destra e di sinistra, positivisti, herbartiani, agnostici, prelati decorosi, professori autoritarii e giovinotti bohémiens, tutti concorrevano per la loro parte a codesta vita. La filosofia era diffusa nell’ambiente».

Croce ricorda testualmente, e non sembra per celia, di poter essere anch’egli ascritto tra i continuatori di Tommaso dei contid’Aquino, ma anche di Bruno e Campanella: «E non è venuto in mente [al Mazzantini]. che io potrei vantarmi forse miglior scolastico o tomista che non molti che assumono ora questa veste? Vivo e scrivo in una casa di Napoli, che quasi tocca l’antico convento di San Domenico Maggiore, dove Tommaso dimorò e insegnò e dove si mostra la sua cella: alte memorie, che in me non sono sminuite ma accresciute - dal ricordo che in quello stesso convento, furono frati Giordano Bruno e. Tommaso Campanella, e che nel vicoletto accanto la casa dove visse e. morì il mio maestro Francesco, de Sanctis, e poco lungi l’altra dove dimorò Giambattista Vico. Che Tommaso d’Aquino non abbia avuto i suoi successori in questi grandi, e li abbia invece negli odierni e anacronistici neoscolastici?».


Il senatore Croce, sul piano autobiografico, non omette di ricordare al giornalista del 1923: «don Peppino Prisco… è stato per tre anni e precisamente dal 1879 al 1882 mio insegnante di Filosofia al liceo della Carità, che era un tempo al Largo san Marcellino nell’antico palazzo Andria. Studiavamo un suo manuale di Elementi di Filosofia e in terza liceale un suo trattato di Filosofia morale»[1]. Si ricorderà che a nove anni Benedetto fu mandato dalla ricca famiglia, conservatrice e filoborbonica, a studiare nel Collegio della carità, retto dai frati Bigi nella scia del grande fra’ Lodovico da Casoria[2]. Dopo avervi frequentato il Collegio, egli entrò nel Ginnasio, per poi proseguire con il Liceo (all’epoca la formazione medio-superiore classica si strutturava in due anni di Ginnasio a cui seguivano tre anni di Liceo). Nel frattempo, Benedetto si recava all’Università di Napoli, per frequentare le lezioni di estetica del De Sanctis e alcune lezioni di logica, tenute da Bertrando Spaventa, cugino del padre.

 



[1] Il filosofo Prisco rievocato, 1. Il Senatore si riferisce al già citato saggio di filosofia speculativa (Napoli, 1862-1863) e alla già citata Etica generale (Napoli, 1865).

[2] Fra’ Lodovico da Casoria fondò a sua volta a Napoli, nel 1864, un’«Accademia di religione e scienze», ottenendo l’adesione di illustri scrittori. Con un simile programma fondò nello stesso anno il periodico La Carità. Per diffondere l’istruzione cattolica tra i giovani delle classi agiate, nel 1866, pochi mesi prima della soppressione statale degli Ordini religiosi, diede vita al collegio «La Carità», dove studia appunto il giovane Benedetto Croce. Per approfondimenti storici, cf G. Palmisciano, “La carità” di Ludovico da Casoria. Chiesa, cultura e movimento cattolico a Napoli dopo l’unità d’Italia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2018.


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