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giovedì 6 marzo 2025

nella scia della Calino: memorie del silenzio. Giovanni Di Trapani

Giovanni Di Trapani, Nella scia della Calino: memorie del Silenzio. Ricerca storica romanzata: un racconto della disavventura della motonave mercantile Calino, Guida editori, Napoli 2024, pp. 192

Esperto di unità navali e di storia della marina - storia importante soprattutto a seguito del Regio Decreto n. 1483 del 5 settembre 1943, che classificava in nove principali categorie le navi da guerra (cfr. Legenda alle pp. 187-192 del libro) -, ecco che Giovanni Di Trapani - quasi dando corpo a un desiderio, anzi a un voto dei marinai Oreste (croce al valor militare nel 1941) e Nicola, che avevano entrambi giurato di portare avanti il ricordo della Calino (cfr. p. 123; Scheda tecnica alle pp. 167-170) -, ci regala un avvincente racconto romanzato - come promette, e mantiene, il sottotitolo di questo libro. L’Autore quasi lo dipinge quel ricordo, nel corso della narrazione intensa, in un orizzonte storico chiaro e documentato (ricostruito narrativamente anche sulla base del Diario di bordo (pp. 171-175).

Così, Oreste, giovane pieno di sogni e di speranze, a cui la guerra strappa via l’innocenza, viene “costretto” a scoprire che il mare non è solo una distesa d’acqua: «salire sulla Calino fu come varcare una soglia invisibile tra due mondi» (p. 151). La storia romanzata è soprattutto, ma non solo, questo ricordo di Oreste, «un giovane ventenne nato e cresciuto a Chiaiano» (p. 32), che imbarca presto in una dimensione di comunità galleggiante (cfr. p. 155), che sostituisce il paese originario a ridosso della grande Napoli: Chiaiano, dove «la comunità era tutto per lui, un microcosmo di solidarietà e tradizioni», dove «l’eco della guerra iniziava a farsi sentire» (pp. 32-33).

Ma poi non si tratta soltanto di un’eco: Oreste riceve, infatti, la chiamata alle armi, diviene giovane cannoniere nella «guerra sul mare» (p. 34), proprio sulla nave Calino: una nave col camuffamento mimetico - uno dei vari esempi «di conversione delle navi civili per scopi militari» (p. 44) -. Convoglio insieme civile e militare, la Calino naviga lungo le rotte di un Mediterraneo, che «durante la seconda guerra mondiale… divenne un campo di battaglia strategico, dove ogni rotta marittima aveva un’importanza cruciale» (p. 43). Grande era, infatti, il ruolo, c’informa l’Autore, «delle navi da trasporto come la Calino… nel sostenere le campagne in Africa settentrionale» (p. 46). Anzi, «la Calino e le altre navi da trasporto, spesso oscurate dalle storia rispetto ai grandi scontri navali, furono invece i veri pilastri su cui si basò lo sforzo bellico italiano nel Mediterraneo» (p. 47).

Del resto, la Regia Marina - come sappiamo dal punto di vista storico e ricercatore del CNR Di Trapani – era, in certo qual modo, un po’ l’erede delle navi schierate all’inizio della battaglia di Trafalgar, dopo la virata di poppa ordinata da Villeneuve, allorché: «quelle britanniche divise nelle due colonne di sopravvento  e sottovento, quelle della flotta combinata franco-spagnola divise nelle varie squadre, dall’avanguardia di Dumanoir alla cosiddetta squadra di osservazione di Gravina, che chiudeva la formazione» si affrontarono a Trafalgar (Da Gastone Breccia, Trafalgar. La battaglia navale, Giulio Einaudi editore, Torino 2024, Legenda di p. 292). Si ricorderà che la squadra navale di Nelson aveva gettato l’ancora proprio nel golfo di Napoli, il 22 settembre 1798, prima che l’ammiraglio concepisse «con grande lucidità il disegno tattico della battaglia che avrebbe tentato di imporre ai francesi» (Gastone Breccia, cit., p. 57). Un ammiraglio giudicherà, come vedremo, anche i due comandanti, civile e militare, dell’affondata Calino.

Le varie missioni della Calino, raccontate da Di Trapani, non sono delle “battaglie”; soprattutto, si naviga tra Napoli e l’Africa: ecco Tobruk (p. 59), passando per l’anno cruciale - come lo denomina l’Autore -, che è il 1941: «anno in cui la nave e il suo equipaggio affrontarono numerose missioni rischiose, sfuggendo più volte a pericoli mortali» (p. 61). A sua volta, il 1942 è «un anno in cui la nave continuò a solcare le acque insidiose del Mediterraneo, sfidando i pericoli e portando a termine missioni cruciali per lo sforzo bellico italiano» (p. 69)…; si tratta di missioni verso Bari, Patrasso, Rodi e Biserta, schivando i siluri nemici,  a volte quasi per un aiuto soprannaturale «in quella serie di scampati pericoli» (p. 75). La nave Calino va diventando, come annota il nostro Autore, «sempre più un simbolo di speranza e resilienza per coloro che dipendevano da quei rifornimenti» (p. 81). Fino al momento cruciale del recupero del Pentcho, come narra il Capitolo sesto: «un vecchio piroscafo a ruote di fabbricazione bulgara», che aveva accolto a bordo circa 500 ebrei, in fuga dalle persecuzioni naziste  
(pp. 85-86). Affondato tra gli scogli del Dodecanneso italiano, ben 200 naufraghi ebrei del Pentcho salirono a bordo della Calino: quei marinai, compreso Oreste, divennero, così, i custodi di vite innocenti; quando, poi, a bordo fu partorito il piccolo Benito, «la Calino, che prima era solo una nave tra le tante impegnate nello sforzo bellico, assume per loro un valore nuovo, quasi sacro» (p. 96)...





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