Il parto anonimo. Profili giuridici e psico-sociali dopola declaratoria di incostituzionalità. Stefania Stefanelli, edizioni la Valle del Tempo.
Napoli, 19 marzo 2025 Libreria Raffaello di via Kerbaker (Vomero)
I diritti della madre e del neonato: per un bilanciamento. La nuova e integrata edizione di un precedente volume (pubblicato nel 2015) ripropone oggi la questione del parto anonimo a confronto con il diritto a conoscere le proprie origini biologiche anche a fini di evitare l’incesto: difatti, nonostante la pronuncia della Corte Costituzionale del 2013, di cui si dirà tra poco, non risultano aggiornamenti legislativi che abbiano modificato l'articolo 28 della legge 184/83 in merito alla possibilità per gli adottati di conoscere le proprie origini.
Al neonato non riconosciuto devono essere assicurati
specifici interventi, secondo precisi obblighi normativi, per garantirgli la
dovuta protezione, nell’attuazione dei suoi diritti fondamentali. La
dichiarazione di nascita resa entro i termini massimi di 10 giorni dalla
nascita, permette la formazione dell’atto di nascita, e quindi l’identità
anagrafica, l’acquisizione del nome e la cittadinanza. Se la madre vuole
restare nell’anonimato la dichiarazione di nascita è fatta dal medico o
dall’ostetrica: "La dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori,
da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra
persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre
di non essere nominata" (DPR 396/2000,
art. 30, comma 1).
L’art. 28 della Legge 2001 n. 149,
aderendo a un obbligo derivante dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui
diritti del fanciullo del 1989 (art. 7) e della Convenzione de L’Aja sull’adozione
internazionale del 1993 (art. 30), ha introdotto anche in Italia, dopo
molte polemiche, il diritto dell’adottato di accedere, a certe condizioni e con
certe procedure, alle informazioni concernenti l’identità dei suoi genitori
biologici. Tuttavia, l’accesso a quelle informazioni non è consentito se
l’adottato non è stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale. (Legge
2001 n. 149, art. 24 comma 7 - "L’accesso alle informazioni non è
consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre
naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di
non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a
condizione di rimanere anonimo").
Pertanto, il diritto a rimanere una mamma segreta prevale su
ogni altra considerazione o richiesta e ciò deve costituire un ulteriore
elemento di sicurezza per quante dovessero decidere, aiutate da un servizio
competente ed attento, a partorire nell’anonimato.
Profili bioetici della questione. Una sentenza della Corte Costituzionale italiana - n. 278 del 22.11.2013 – finì per infrangere un antico dogma giuridico vigente: la “segretezza dell’identità dei genitori biologici quale garanzia insuperabile della coesione della famiglia adottiva, nella consapevolezza dell’esigenza di una valutazione dialettica dei relativi rapporti”[1], anche se non attraverso l’affermazione della reversibilità del segreto, ma con il riconoscimento del diritto del soggetto non riconosciuto alla nascita di chiedere l’accesso ad informazioni. Inoltre, sentenziando l’illegittimità costituzionale l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), la Corte Costituzionale ha stabilito il principio per il quale, se il figlio chiede di accedere ad informazioni circa le proprie origini, la madre, pur conservando il diritto all’anonimato, può revocarlo. Questo consente sia la ricostruzione della propria vita sia di poter evitare la rimozione di parte importante della stessa e di tutelare diritti contrapposti, egualmente meritevoli di rispetto, quali la tutela delle madri che partoriscono figli “orfani” dalla nascita, cancellando definitivamente tale momento e il diritto di tanti figli adottivi che cercano di conoscere le proprie origini e radici. Inoltre la sentenza 162/2014 della Corte costituzionale considerava, tra l’altro che: «La questione del diritto all’identità genetica, nonostante le peculiarità che la connotano in relazione alla fattispecie in esame, neppure è nuova. Essa si è posta, infatti, in riferimento all’istituto dell’adozione e sulla stessa è di recente intervenuto il legislatore, che ha disciplinato l’an ed il quomodo del diritto dei genitori adottivi all’accesso alle informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici dell’adottato (art. 28, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Diritto del minore ad una famiglia”, nel testo modificato dall’art. 100, comma 1, lettera p, del d.lgs. n. 154 del 2013). Inoltre, in tale ambito era stato già infranto il dogma della segretezza dell’identità dei genitori biologici quale garanzia insuperabile della coesione della famiglia adottiva, nella consapevolezza dell’esigenza di una valutazione dialettica dei relativi rapporti (art. 28, comma 5, della legge n. 184 del 1983). Siffatta esigenza è stata confermata da questa Corte la quale...
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