IL PRIMO SÌ AL SUICIDIO ASSISTITO IN ITALIA DOPO LA SENTENZA N. 242/2019 DELLA CORTE COSTITUZIONALE
- Premessa. La differenza tra suicidio assistito ed eutanasia
Nel momento in cui il paziente stesso cagiona materialmente la sua morte, assumendo un farmaco letale con il supporto psicologico e legale di un soggetto terzo, di solito un medico, allora si verifica il suicidio assistito. Il suicidio assistito non equivale all’eutanasia, piuttosto indica l’atto mediante il quale un malato procura a sé la morte mediante l’assistenza del medico, il quale prescrive i farmaci su esplicita richiesta del suo paziente. In tal caso, viene a mancare l’atto diretto del medico che somministra i farmaci al malato.
L’eutanasia può essere definita, invece, indicativamente come la morte di un soggetto consenziente causata dalla condotta di un soggetto terzo, ossia un medico, che somministra al paziente dei farmaci letali (ad esempio il cloruro di potassio). Nell’eutanasia, il medico ha un ruolo determinante: nell’eutanasia attiva somministra il farmaco, mentre nell’eutanasia passiva sospende le cure o spegne i macchinari che tengono in vita la persona.
La Costituzione italiana all’art. 32 riconosce e garantisce il diritto di ogni cittadino di curarsi e di salvaguardare la propria salute ma, contemporaneamente, il diritto a non vedersi imporre un trattamento sanitario non voluto, fatti salvi i casi previsti dalla legge. L’azione di un medico, quindi, necessita di ottenere il consenso del paziente. È la legge n. 219/2017 a valorizzare “La relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico.” (art.1, comma 2).
In Italia, attualmente, non esistono leggi che regolamentino l’eutanasia attiva e il suicidio assistito, ma solo la sentenza n. 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso Marco Cappato, attivista italiano e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, imputato del reato ex art. 580 c.p. (Istigazione o aiuto al suicidio) per aver rafforzato il proposito di suicidio di Antoniani Fabiano (DJ Fabo), costretto a recarsi in Svizzera per il suicidio assistito a causa di tetraplegia e cecità a seguito di incidente stradale. La stessa Corte ha bocciato la proposta di referendum: “La Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Ma eutanasia e suicidio non sono unica via d'uscita. Si può dare più vita agli anni pur nell'impossibilità di dare più anni alla vita. Esiste già una legge che tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore: "È tutelato e garantito, in particolare, l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato... al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze"...
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