LE MIE COLLANE
Pagine
giovedì 24 aprile 2025
il contributo di Berlinguer alla democrazia italiana, Antonio Bassolino per la Nova incontra
lunedì 21 aprile 2025
Torquato Tasso 430° anniversario, dietro le quinte del convegno
430 anni dalla morte di Torquato Tasso
Sorrento ricorda uno dei suoi figli più grandi. Poeta dell’epica cristiana, autore della *Gerusalemme Liberata*, Tasso è il ponte tra l’armonia classica e le inquietudini moderne.
🖋️ La sua poesia è bellezza e tormento, arte e fede.
🙏 Tra letteratura e teologia, la sua opera è un viaggio dell’anima in cerca di salvezza.
📍Un genio che ancora oggi ci parla, mai studiato tra letteratura e filosofia anche per le sue correlazioni con la riforma e lo stesso Giordano Bruno
Venerdì 25 aprile, presso l'hotel Bellevue syrene ingresso da via Marina Grande 1 di Sorrento, si terrà un dietro le quinte aperto al pubblico, dei lavori di preparazione al convegno di novembre organizzato dal Centro per la Filosofia italiana.
domenica 20 aprile 2025
Emmaus, la pedagogia Divina tra rimprovero e rivelazione
Emmaus: la pedagogia Divina tra rimprovero e rivelazione
@scenari.futuri Emmaus. la pedagogia Divina tra rimprovero e rivelazione https://scenarifuturi.blogspot.com/2025/04/emmaus-la-pedagogia-divina-tra.html#more ♬ suono originale - scenari futuri
Uno dei racconti evangelici sulla Resurrezione di Gesù più suggestivi ed emblematici è senza dubbio il brano relativo ai discepoli di Emmaus (cf. Lc 24,13-35). Questi due discepoli, uno dei quali di nome Clèopa, mentre dell'altro l'identità rimane "ignota", particolare che alcuni studiosi interpretano come un'intenzione pedagogica dell'agiografo. L'anonimato del secondo discepolo permetterebbe, infatti, ai lettori di ogni epoca di identificarsi con lui. Dopo i drammatici eventi della passione di Gesù, i due discepoli, sconvolti, delusi e affranti, fecero ritorno alle loro case, abbandonando Gerusalemme. Durante il cammino, un particolare interessante si verificò: uno "Sconosciuto" si avvicinò a loro, condividendo il viaggio. Costui li interrogò, chiedendo perché fossero così afflitti. Essi narrarono di aver "visto" la loro "speranza" infrangersi dinanzi ai loro occhi, vedendo Colui nel quale l’avevano riposta appeso a una croce. La morte aveva portato via tutti i sogni, lasciando solo amarezza e disperazione, annebbiando i sensi, offuscando le emozioni, dissipando la gioia e spegnendo il cuore. Proseguendo il cammino, i due discepoli dissero allo "straniero" che alcune donne, recatesi al sepolcro, non avevano trovato il "corpo" di Colui che essi "speravano" fosse il Messia-Salvatore annunciato dai Profeti. Queste donne riferirono di aver avuto visioni nelle quali si attestava che Gesù era vivo. Tuttavia, gli Apostoli, che erano con loro, si erano precipitati al "sepolcro", ma non avevano visto il Corpo. Questi due uomini erano pertanto delusi: speravano ardentemente in un Salvatore politico, che avesse liberato la Palestina dal dominio di Roma e instaurato "qui ed ora", subito, mediante manifestazioni prodigiose, la pace, il diritto, la giustizia, ovvero la salvezza. Non essendosi verificato ciò, delusi e arrabbiati, volevano lasciarsi tutto alle spalle, tornare al punto di partenza e ricominciare la loro vita.
venerdì 18 aprile 2025
Coscienza e Potere, una riflessione antropologica contemporanea a partire dai racconti biblici
Il professor
Michele Ciccarelli, con Coscienza e
Potere, propone una riflessione stimolante e attuale, un invito a liberare
la coscienza dall'atrofia che la affligge e a riscoprirne il significato
profondo. La coscienza, secondo Ciccarelli, è un'ambivalenza: la consapevolezza
del vissuto emotivo e, al contempo, il principio che guida le scelte etiche, il
discernimento tra bene e male.
L'autore affronta poi un altro tema cruciale: il potere. Spesso
percepito in modo negativo, il potere, se esercitato con saggezza e sorretto da
una coscienza matura, può essere garanzia di libertà e sicurezza. Ciccarelli
dimostra come la coscienza, intesa sia come esperienza emotiva che come
principio etico, sia il fondamento di un potere responsabile e liberatorio.
Attraverso una lettura originale e profondamente esistenziale
dei testi biblici, Ciccarelli guida il lettore in un percorso di scoperta della
coscienza e del potere, invitandolo a riflettere su questi temi cruciali per la
vita individuale e collettiva. Recuperare
l'idea kantiana di "coscienza", oggi pesantemente "depotenziata",
è l'obiettivo del testo. L'intento è quello di "sollecitare" nei
lettori curiosità, interesse, passione e ricerca per le grandi domande che
possono conferire un orizzonte di senso possibile alla società del terzo
millennio.
Nell'epoca dell'intelligenza artificiale, del progresso
tecnologico e della transizione energetica - rileva Ciccarelli - l'essere umano
non si interessa più del bene e del male. Il suo modo di essere e di agire
appare dominato dalla logica esclusiva dell' "io". Diventa quindi necessario
"ritornare alle fonti" della saggezza per recuperare l'umanità che
l'uomo pare ormai stia smarrendo.
mercoledì 16 aprile 2025
meditando la Passione di Cristo, costruire alleanze nel bene
Meditando la Passione di Cristo, costruire alleanze nel bene (cf. Lc 23,8-12).
🐧 << 'a meglio parola è ch’ella ca nun se dice>>
La migliore parola, talvolta, è quella che non si
proferisce.
La saggezza popolare antica aveva ben compreso il
valore del silenzio. Lo stesso che si
può intercettare - ad esempio - nel
racconto della passione all’interno del Vangelo secondo Luca in merito a Gesù
dinanzi a Erode Antipa (cf. Lc 23,8-12).
Un silenzio direi più che loquace che pone in evidenza la banalità e le contraddizioni del male. Si accusa falsamente Gesù di sobillare il popolo incitandolo a non rendere il proprio tributo a Cesare e ciò in nome della Torah e gli stessi accusatori non si rendono conto che stanno commettendo “falsa testimonianza”. Si esalta Cesare e si manca al primo insegnamento della Torah: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Si pone in luce che Erode e Pilato in occasione del processo “al giusto innocente” fanno pace e che fino a quel momento vi erano forti tensioni tra i due. Ciò sta a significare e, a dimostrare che, il male costituisce sempre la scelta più facile e quella che suscita più consensi ed alleanze. Il bene,invece, richiede impegno e per attuarlo a volte occorre bypassare innumerevoli ostacoli, poiché incontra forte contrapposizioni. Gesù però con il suo atteggiamento non si scompone, non si agita, semplicemente resta fedele al suo essere e al suo agire. Dinanzi ad Erode - personaggio dalla reputazione morale compromessa - colui che aveva autorizzato la morte del Battista, tace e prosegue per la sua strada. Il Signore insegna fino alla fine l’umiltà, la giustizia, l’amore. Da questo brano si può dedurre una lezione di resilienza nel bene, bisogna promuovere e costruire alleanze per rendere contagioso il bene e non il male. In quanti contesti oggi si può rilevare che il male dilaga e il bene é, il più delle volte, osteggiato, ostacolato e impedito? In non pochi contesti anche di fede sé si vuole criticare o screditare qualcuno- ad esempio- si trova subito una platea disposta ad ascoltare e ad aggiungere elementi, una giuria sempre pronta a dare verdetti. Se paradossalmente,invece, si propone di realizzare una buona opera a favore di qualcuno iniziano subito ed emergere dubbi, ostacoli, perplessità. Quante calunnie e diffamazioni oggi si propagano facilmente mediante l’utilizzo sconsiderato dei social?
domenica 13 aprile 2025
Il trionfo dell'umiltà, attualità dell'Ingresso di Gesù a Gerusalemme
Il Trionfo dell'Umiltà: Significato e Attualità dell'Ingresso di Gesù (cf.Gv 12,12-19)
Il Vangelo
secondo Giovanni si presenta come il più profondo e complesso dei Vangeli, sia
per i contenuti teologici che per il suo itinerario di composizione e
formazione letteraria. La tradizione, come afferma il biblista Claudio Doglio,
sostiene che il Vangelo secondo Giovanni sia stato redatto ad Efeso in Asia
minore verso la fine del I secolo dopo Cristo, tra il 98 e il 117, durante
l'impero di Traiano. Tuttavia, la ricerca esegetica moderna suggerisce che il
Vangelo abbia conosciuto più redazioni, realizzate in diversi luoghi dell'Asia
minore e della Palestina. Questi dati fanno propendere per un percorso di
redazione e composizione dello scritto più ampio, che si estenderebbe tra il 50 e il 100 d.C. (Cf. C. Doglio, Il
quarto Vangelo, Edizioni Messaggero
Padova (15 aprile 2015), pp. 563).
Nonostante le diverse ipotesi sulla sua genesi, nel IV Vangelo è
possibile individuare la situazione storica della prima comunità cristiana,
risalente all'Apostolo Giovanni. Secondo gli studi del biblista Alberto Casalegno,
questa comunità era itinerante, con base a Gerusalemme, ma costretta ad
emigrare ad Efeso a causa dei conflitti con le comunità giudaiche. Ad Efeso, la
comunità dovette affrontare il problema dello gnosticismo, che negava la reale
incarnazione del Verbo e la reale umanità di Gesù Cristo. Questi presupposti
costituirebbero lo sfondo della narrazione evangelica giovannea, che racconta
le vicende storiche legate alla vita, all'opera pubblica, al processo e alla
passione di Gesù Cristo (cf. A. Casalegno, Perché
contemplino la mia Gloria (Gv 17,24), introduzione alla teologia del Vangelo di
Giovanni, San Paolo Edizioni (22
aprile 2006), pp.440).
Tralasciando le
questioni tecniche legate ad un approfondimento biblico esegetico, si può
privilegiare un approccio esistenziale al testo sacro, chiedendosi cosa questa
Parola di Dio possa dire a noi oggi. Si legga, ad esempio, il testo
dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme durante l'ultima fase della sua esistenza
umana.
@scenari.futuri Il trionfo dell'umiltà, attualità dell'Ingresso di Gesù a Gerusalemme di Giuseppe Lubrino Il Vangelo secondo Giovanni si presenta come il più profondo e complesso dei Vangeli, sia per i contenuti teologici che per il suo itinerario di composizione e formazione letteraria. La tradizione, come afferma il biblista Claudio Doglio, sostiene che il Vangelo secondo Giovanni sia stato redatto ad Efeso in Asia minore verso la fine del I secolo dopo Cristo, tra il 98 e il 117, durante l'impero di Traiano. Tuttavia, la ricerca esegetica moderna suggerisce che il Vangelo abbia conosciuto più redazioni, realizzate in diversi luoghi dell'Asia minore e della Palestina. Questi dati fanno propendere per un percorso di redazione e composizione dello scritto più ampio, che si estenderebbe tra il 50 e il 100 d.C. (Cf. C. Doglio, Il quarto Vangelo, Edizioni Messaggero Padova (15 aprile 2015), pp. 563). Nonostante le diverse ipotesi sulla sua genesi, nel IV Vangelo è possibile individuare la situazione storica della prima comunità cristiana, risalente all'Apostolo Giovanni. Secondo gli studi del biblista Alberto Casalegno, questa comunità era itinerante, con base a Gerusalemme, ma costretta ad emigrare ad Efeso a causa dei conflitti con le comunità giudaiche. Ad Efeso, la comunità dovette affrontare il problema dello gnosticismo, che negava la reale incarnazione del Verbo e la reale umanità di Gesù Cristo. Questi presupposti costituirebbero lo sfondo della narrazione evangelica giovannea, che racconta le vicende storiche legate alla vita, all'opera pubblica, al processo e alla passione di Gesù Cristo (cf. A. Casalegno, Perché contemplino la mia Gloria (Gv 17,24), introduzione alla teologia del Vangelo di Giovanni, San Paolo Edizioni (22 aprile 2006), pp.440). Tralasciando le questioni tecniche legate ad un approfondimento biblico esegetico, si può privilegiare un approccio esistenziale al testo sacro, chiedendosi cosa questa Parola di Dio possa dire a noi oggi. Si legga, ad esempio, il testo dell'ingresso di Gesù in Gerusalemme durante l'ultima fase della sua esistenza umana. Il giorno seguente, la gran folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele! Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d'asina. (Cf. vv. 12-15). L'ingresso di Gesù nella città santa di Gerusalemme è uno degli episodi più significativi della sua vita. Il Signore sta per compiere la sua opera salvifica. Il suo "cavalcare un'asina" esprime lo stile e l'agire di Dio che predilige l'umiltà all'esaltazione. Avrebbe potuto cavalcare un cavallo, simbolo di potere, maestosità, prestigio e gloria, ma Gesù sceglie un'asina, un animale umile e pacifico. Gesù "predispone" accuratamente il suo arrivo a Gerusalemme, desiderando che tutti comprendano la presenza di Dio nella storia umana. Dio opera e agisce in modo sorprendente, sovvertendo le aspettative umane. La fama di Gesù è al culmine, il suo insegnamento pubblico ha raggiunto l’apice del successo, le folle accorrono da tutta la regione per incontrarlo e soprattutto- come evidenzia il IV Vangelo - per “vedere” Lazzaro il risuscitato. Gesù ha riportato un uomo, un suo amico tra l’altro, dalla morte alla vita, lo ha “destato” dal sonno della morte. Il vangelo secondo Giovanni pone questo avvenimento tra i “segni” ovvero “miracoli” più straordinari e sbalorditivi operati da Gesù. Nella Bibbia e, in modo particolare, nei Vangeli i racconti dei “miracoli” hanno come caratteristica la straordinarietà ma anche e soprattutto enunciano un valore pedagogico-educativo e rivelativo circa l’identità di Gesù e il senso della sua missione per l’umanità. Gesù del resto attraverso il suo insegnamento che consiste in atti e parole, vuole comunicare ai suoi contemporanei ma, con essi all’umanità #domenicadel
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sabato 12 aprile 2025
Salerno, Cenacolo letterario. Caravaggio, Incoronazione di spine ed Ecce homo
Due dipinti del Caravaggio sulla prima e sesta stazione della Via crucis
Prima stazione – Gesù condannato a morte – “Ecce Homo”.
Il tema dell’Ecce Homo è
ispirato al passo dei Vangeli. Ponzio Pilato espose Cristo al popolo di
Gerusalemme che ne chiedeva la condanna. Il prefetto romano assolse Gesù dalle
accuse di aver complottato contro l’autorità di Roma ma le gerarchie
ecclesiastiche ebraiche lo accusarono di blasfemia. Ecce Homo, (Ecco
l’uomo), è il titolo dell’opera che riprende le parole usate da Ponzio
Pilato per indicare Cristo alla folla. Prima dell’esposizione, un soldato mise
sulle spalle di Gesù un panno lacero, gli mise sul capo una corona di spine e
una canna tra le mani. Con questi oggetti il prigioniero fu presentato in modo
derisorio come re dei Giudei.
Sesta stazione: alla
condanna iniqua si aggiunge l'oltraggio della flagellazione. Consegnato alle
mani degli uomini, il corpo di Gesù è sfigurato. Quel corpo ricevuto dalla
vergine Maria, che faceva di Gesù "il più bello tra i figli
dell'uomo", che dispensava l'unzione della Parola - "dalle tue labbra
fluisce la grazia" (Sal 45, 3) -, viene ora crudelmente
lacerato dalla frusta. Il volto trasfigurato sul Tabor è sfigurato nel
pretorio: volto di chi, insultato, non risponde di chi, percosso, perdona di
chi, reso schiavo senza nome,
libera quanti giacciono nella schiavitù.
Solo due parole di fronte alle tele di Caravaggio
Nell’opuscolo bellarminiano, secondo la tradizione, il Cristo pronuncia sette espressioni. Noi vogliamo soffermarci sulle due che avranno ispirato anche Caravaggio.
Prima parola: Padre, perdona loro perché non sanno quel
che fanno.
Scrive Bellarmino: «Delle prime tre parole, che riguardano gli altri, la prima
è rivolta ai nemici, la seconda agli amici, la terza ai parenti. Il motivo di
quest'ordine è il seguente: la carità soccorre prima i più bisognosi, e i più
bisognosi allora erano i nemici di Cristo, e anche noi, discepoli di un così
grande maestro, avevamo bisogno che egli ci insegnasse l'amore verso i nemici,
che è più difficile e più raro dell'amore verso gli amici e i parenti, che in
qualche modo ci è innato, cresce con noi e spesso diventa eccessivo».
mercoledì 9 aprile 2025
La sfida educativa, Benedetto XVI
La sfida educativa: Benedetto XVI
La violenza tra i giovani è in aumento. 60% dei giovani sotto i 26 anni ha paura del revenge porn online. 50% si sente alienato dalla vita reale e 50% ha subito molestie. Il bullismo e il cyberbullismo sono in crescita. Il sondaggio su 2.700 giovani condotto dall’ “Osservatorio indifesa” mostra che la violenza è diffusa e ha conseguenze devastanti: perdita di autostima, sfiducia e paura.(Cf. https://terredeshommes.it/comunicati/osservatorio-indifesa-2025-i-rischi-del-web-secondo-la-genz/). A partire da questi scenari si intende proporre una riflessione sulla questione educativa. Come punto di partenza, si prenderà in considerazione la “Lettera sull’Emergenza educativa” di Benedetto XVI, consegnata alla diocesi di Roma nel 2008. Questo permetterà di inquadrare la “questione disagio giovani” alla luce della fede cristiana. Nella sua missiva, Benedetto XVI affronta la questione educativa con uno sguardo bifronte, rivolto sia all'educatore che all'educando. Egli osserva che un'educazione integrale, capace di plasmare la totalità dell'essere umano, non può prescindere dall'instaurare e coltivare una relazione educativa asimmetrica, ma allo stesso tempo ispirata e sostenuta dall'amore, quale forza trainante dell'educazione stessa. L'educatore deve essere "credibile", offrendo ai suoi allievi affidabilità e fiducia attraverso una testimonianza di vita autentica che armonizzi l'aspetto professionale con la realtà quotidiana. Peraltro, Ratzinger conosce bene le varie tappe evolutive della crescita personale degli educandi, dall'infanzia all'adolescenza e alla giovinezza. Egli sottolinea come durante l'intero sviluppo educativo e formativo dei giovani sia necessario offrire loro un percorso formativo che li guidi nella costruzione di una solida identità personale, che li aiuti a sviluppare la capacità di costruire relazioni interpersonali, collaborative e che li conduca alla scoperta di orizzonti di senso possibili e percorribili. Il teologo bavarese osserva che per abbattere le barriere esistenti, è necessario superare e colmare il divario generazionale tra giovani e adulti. Questa "frattura generazionale" è l'effetto, non la causa, dell'attuale deriva educativa, dovuta alla mancanza di "trasmissione" di certezze e valori. In altre parole, secondo Benedetto XVI, le generazioni passate hanno mancato nei confronti dei giovani di oggi, non riuscendo a trasmettere loro valori umani autentici e a fornire figure di riferimento stabili per la loro crescita emotiva, affettiva e personale. Benedetto XVI si spinge oltre, affermando che una certa cultura relativistica e materialistica ha contribuito e contribuisce a fomentare nei giovani un senso di incertezza e fragilità caratteriale.
venerdì 4 aprile 2025
Seminatori di Speranza
Nel suo discorso del 29 marzo ai pellegrini di Rieti, Papa Francesco ha lanciato un messaggio potente e coinvolgente. Rivolgendosi ai fedeli che si erano recati sulle tombe degli Apostoli e avevano attraversato la Porta Santa per celebrare il Giubileo della Speranza, il Papa ha sottolineato l'importanza di essere testimoni di speranza in ogni ambito della vita. Si leggano le sue parole:
Vi incoraggio ad essere ogni giorno testimoni di speranza nei diversi ambienti ecclesiali ed esistenziali in cui vivete, per contribuire all'edificazione di un mondo più fraterno e solidale.
Francesco ha invitato i fedeli a essere "ogni giorno testimoni di speranza" nei diversi contesti in cui vivono, contribuendo così a costruire un mondo più fraterno e solidale. In diverse occasioni Bergoglio ha definito la Chiesa come un "ospedale da campo", dove i cristiani devono ispirarsi al “Buon Samaritano (cf.Lc 10,24-37)” e prendersi cura dei bisognosi, sia nel corpo che nell'anima.
Per essere pronti a questa missione, il Papa insiste spesso
sulla necessità e l'importanza di
acquisire e sviluppare una buona e profonda formazione spirituale, basata sulla
Parola di Dio e sui Sacramenti. La Chiesa in tal modo, diventa una
"palestra" dove i fedeli possono irrobustire la loro fede e sviluppare
la forza necessaria per diffondere fraternità e solidarietà nel mondo.
Dalla ecclesiologia di
Papa Francesco emerge una visione dinamica e rivoluzionaria della Chiesa, che
si presenta come un luogo di cura e di servizio, impegnata a portare speranza e
conforto a tutti coloro che soffrono e sono nel bisogno.
Un'antica frase latina dice: "per aspera ad astra", ovvero "attraverso le asperità fino
alle stelle". Questa frase sottolinea la necessità di sviluppare coraggio,
determinazione e resilienza per superare le sfide e raggiungere il proprio
potenziale nella vita. Queste qualità sono particolarmente importanti oggi, in
un contesto sociale in cui molti giovani mancano di coraggio e determinazione
nel costruire la propria identità personale. La complessità sembra essere la chiave di volta dell'attuale scenario culturale in cui vivono i
giovani di oggi. Essi appaiono influenzati
dal progresso tecnologico, spesso
affetti da una sindrome di isolamento
sociale, colpiti da disturbi
alimentari e attratti da tendenze
autolesioniste. Si registra un aumento di fenomeni come il cyberbullismo e il bullismo, che alimentano la violenza
tra i giovani, a cui si aggiunge la crescente dipendenza dai social media.
mercoledì 2 aprile 2025
L'invenzione della casa. L'ordine domestico della polis
@scenari.futuri Books and Museum, 6 aprile 2025 Valeria Pezza, L’invenzione della casa. L’ordine domes co della polis, Chris an Marino edizioni, Milano 2025, pp. 120. «Chi abita una casa costruita dentro una ci à, è come un pellegrino che procede – come diceva il mis co russo dell’O ocento Giovanni di Kronstadt – col bastone da viaggio e l’abito da viandante: quando giungerà alla fine della vita, gli si spalancherà la porta ed egli finalmente sarà a casa sua, “perché non abbiamo quaggiù una ci à stabile, ma cerchiamo quella futura” (Ebrei 13, 14)». » 1. La provocazione che viene dalla stru ura della ci à greca. Tra i tanti ringraziamenti di questa notevole pubblicazione – realizzata da Valeria Pezza con il contributo del DiARC: Dipar mento di Archite ura-Università di Napoli Federico II -, si leggono anche quelli che l’Autrice ha voluto des nare «a tu a la comunità di Pollica, terra in cui si scorge ancora qualcosa del mondo greco». Alle tracce archeologiche, infa", ovvero alle loro pietre significan e ai loro rimandi ai pensieri e alle opere dei loro ideatori, costru#ori e abitan , rimanda ognuna di queste ricche e dense pagine del saggio di Valeria Pezza. Quello delle case delle ci#à greche nelle cosidde#e colonie e nei si della Grecia classica, è un mondo analogo a quello di fronte al quale si possono porre, insieme, sia l’archeologia che la storia dell’archite#ura e della topografia; ma anche l’antropologia culturale e lo storia delle idee, come illustra e dimostra l’acuto ed erudito sforzo di decifrazione, condo#o per noi da Valeria Pezza in queste pagine. Così, le an che pietre di Akragas (Agrigento) possono diventare la cifra di un’ambivalenza pica dell’ar colato e mul fa#oriale processo che viene opportunamente denominato “invenzione della casa”. A una prima, ma superficiale, vista, «la dimensione domes ca appare rimossa e svalutata, in quanto non fondata sul gesto eroico, sulla pubblica e visibile esaltazione del potere, del confli#o e della forza» (p. 11). Invece, come si legge nella Premessa a questo volume (pp. 7-18)), la domanda di partenza va formulata in consonanza con quando ricorda il tolo del volume (peraltro arricchito da numerosi grafici e tavole): «Quando è stata inventata quella casa ripe bile e ripetuta che presiede alla costruzione stessa della ci à come luogo non tanto del potere religioso, poli co, militare, ma della dimora dei suoi ci adini?» (p. 7). Ecco spiegato perché, integrando il punto di vista consolidato che correlava l’archite#ura della polis classica alla sfera cosidde#a poli ca, «urgeva interrogarsi su quelle forme, il loro senso e la loro natura, chiedersi a quale dimensione domes ca, a quali ri del quo diano dessero luogo, misura e spazio, e in quale visione del mondo. Poi, perché tanto silenzio? Quale significato aveva la casa in quell’origine e cosa significa per noi oggi la casa?» (p. 9). Di qui prende corpo, una diversa, e intrigante, prospe"va, perseguita egregiamente da Valeria Pezza, che aiuta a ri-significare il senso stesso dell’agire poli co - teorizzato negli scri" poli ci dei filosofi greci classici - e a precisare nei suoi vari riverberi il rapporto tra privato (domes co), spesso relegato alla sfera della irrilevanza, e pubblico (poli co, anche in senso militare e bellico, ma oggi altresì sociale e culturale): «In modo sorprendente insieme all’interroga vo su tempi e modi dell’invenzione della casa per tu>, emergeva quello, inquietante, su questa incomprensibile condanna all’insignificanza» del privato, se inteso soltanto come “relegato a ciò che è privo di senso”. Ecco perché ci si dovrà interrogare, con nua l’Autrice: «è stato davvero così, sempre? Ed ora ha senso per noi privare di valore la quo dianità che scandisce la vita di ciascuno, o è proprio dentro la casa che vive e può maturare una poli ca non rido a all’esercizio e all’autorappresentazione del potere?» (p. 10). E inoltre: «Allora perché questo silenzio... @santamaria.lanova @
♬ suono originale - scenari futuri
Al Books and Museum di Domenica 6 aprile 2025 presso il complesso monumentale di Santa Maria la Nova di Napoli, ore 11,00 il saggio di Valeria Pezza: L’invenzione della casa. L’ordine domestico della polis, Christian Marinotti edizioni, Milano 2025, pagine 120.
Quello delle case delle città greche nelle cosiddette colonie e nei siti della Grecia classica, è un mondo analogo a quello di fronte al quale si possono porre, insieme, sia l’archeologia che la storia dell’architettura e della topografia; ma anche l’antropologia culturale e lo storia delle idee, come illustra e dimostra l’acuto ed erudito sforzo di decifrazione, condotto per noi da Valeria Pezza in queste pagine. Così, le antiche pietre di Akragas (Agrigento) possono diventare la cifra di un’ambivalenza tipica dell’articolato e multifattoriale processo che viene opportunamente denominato “invenzione della casa”. A una prima, ma superficiale, vista, «la dimensione domestica appare rimossa e svalutata, in quanto non fondata sul gesto eroico, sulla pubblica e visibile esaltazione del potere, del conflitto e della forza» (p. 11). Invece, come si legge nella Premessa a questo volume (pp. 7-18)), la domanda di partenza va formulata in consonanza con quando ricorda il titolo del volume (peraltro arricchito da numerosi grafici e tavole): «Quando è stata inventata quella casa ripetibile e ripetuta che presiede alla costruzione stessa della città come luogo non tanto del potere religioso, politico, militare, ma della dimora dei suoi cittadini?» (p. 7).
Ecco spiegato perché, integrando il punto di vista consolidato
che correlava l’architettura della polis classica alla sfera cosiddetta
politica, «urgeva interrogarsi su quelle forme, il loro senso e la loro
natura, chiedersi a quale dimensione domestica, a quali riti del quotidiano
dessero luogo, misura e spazio, e in quale visione del mondo. Poi, perché tanto
silenzio? Quale significato aveva la casa in quell’origine e cosa significa per
noi oggi la casa?» (p. 9).
Di qui prende corpo, una diversa, e intrigante, prospettiva,
perseguita egregiamente da Valeria Pezza, che aiuta a ri-significare il senso
stesso dell’agire politico - teorizzato negli scritti politici dei
filosofi greci classici - e a precisare nei suoi vari riverberi il rapporto tra
privato (domestico), spesso relegato alla sfera della irrilevanza, e pubblico
(politico, anche in senso militare e bellico, ma oggi altresì sociale e
culturale): «In modo sorprendente insieme all’interrogativo su tempi e modi dell’invenzione
della casa per tutti, emergeva quello, inquietante, su questa incomprensibile condanna
all’insignificanza» del privato, se inteso soltanto come “relegato a ciò che è
privo di senso”. Ecco perché ci si dovrà interrogare, continua l’Autrice: «è
stato davvero così, sempre? Ed ora ha senso per noi privare di valore la quotidianità
che scandisce la vita di ciascuno, o è proprio dentro la casa che vive e può
maturare una politica non ridotta all’esercizio e all’autorappresentazione del
potere?» (p. 10).
martedì 1 aprile 2025
Riforma e riforme, la riforma valdese e Ferrante Sanseverino
La riforma protestante e la riforma cattolica
Il movimento riformatore protestante moderno attraversa
tutti gli strati della Chiesa cattolica a partire dalla fine del 1400. In
particolare, Raffaele Calvino, con la sua chiesa di Ginevra, divenne un punto
di riferimento fondamentale per il movimento riformatore italiano: nel bene e
nel male, come modello da imitare o, al contrario, da criticare. Il «mito di
Ginevra», nuova capitale della cristianità, antitetica a Roma e laboratorio di
innovazioni politiche, economiche e sociali, rifulse, dagli anni Quaranta del
1500, conoscendo incrinature, ma non crisi. Le opere calviniane si diffusero
nella penisola italica, in originale o in traduzione, grazie all’azione
propagandistica di fedeli clandestini e degli esuli. I gruppi filo-protestanti,
così furono presto chiamati, soprattutto con l’inasprimento della repressione
ereticale da parte sia di altri protestanti, che da parte della controriforma
cattolica, a metà Cinquecento, trovarono in Ginevra una meta per la loro
diaspora e un sistema dottrinale ed ecclesiologico a cui ispirarsi in patria:
un sistema solido e capace di fornire un’autorità normativa forte, un sostegno
dottrinale e materiale alla vita comunitaria, una concezione eucaristica
alternativa a quella cattolica, segno dell’identità e della comunione
spirituale del gruppo. Anche il domenicano Fra’ Filippo Bruno, in religione
fra’ Giordano, prima di finire sul rogo il 17 febbraio del 1600, nel suo
girovagare per l’Europa, alla ricerca di una cattedra da cui poter insegnare
liberamente la sua nova filosofia, fu anche a Ginevra per un periodo,
aderendo al conclave riformato cittadino e, anche per questo, divenendo, tra
gli inquisitori cattolici di Venezia e, poi, dal 1593 alla morte, di Roma,
sospetto di eresia formale. Il «mito di Ginevra», nuova capitale della
cristianità antitetica a Roma e laboratorio di innovazioni politiche,
economiche e sociali, rifulse dagli anni Quaranta in poi, conoscendo
incrinature, ma non crisi. Le opere calviniane si diffusero nella penisola, in
originale o in traduzione, grazie all’azione propagandistica di fedeli
clandestini e degli esuli. I gruppi filoprotestanti, soprattutto con
l’inasprimento della repressione ereticale a metà Cinquecento, trovarono in
Ginevra una meta per la loro diaspora e un sistema dottrinale ed ecclesiologico
a cui ispirarsi in patria: un sistema solido e capace di fornire un’autorità
normativa forte, un sostegno dottrinale e materiale alla vita comunitaria, una
concezione eucaristica affatto alternativa a quella cattolica, segno
dell’identità e della comunione spirituale del gruppo.
La riforma valdese
Bernardino Ochino, nelle sue propagatissime Prediche, riprese i temi principali dell’Istituzione di Calvino, sia pure mescolati con elementi detti valdesiani. Il capolavoro calviniano fu diffuso anche da una figura centrale nel valdesianesimo, Marcantonio Flaminio, che ne trasse brani e spunti per l’elaborazione di quell’originale sintesi di idee, insieme valdesiane e riformate, che è Il beneficio di Cristo, di cui egli fu coautore insieme con Benedetto da Mantova. Quel «dolce libriccino», come lo definì il Vergerio, stampato senza vincoli a Venezia nel 1543, fu forse il testo eterodosso divenuto più letto e più famoso in Italia: secondo Vergerio, nella sola Venezia ne erano state vendute 40.000 copie in sei anni, e ciò per il messaggio di profonda spiritualità e di rinnovamento religioso di cui apparve latore. Esemplare è la confessione di un illustre prelato valdesiano, il protonotario apostolico Pietro Carnesecchi (giustiziato nel 1567), che dichiarò ai giudici: «Essendo il Flaminio [Marcantonio] alloggiato meco in Fiorenza, mi aveva facto vedere un poco della Institutio di Calvino, che mi aveva imbuta la mente di simili opinioni, nelle qali andai continuando et crescendo insino al anno 1545, legendo spesso di quelli libri, et conversando con quelle persone che erano atte a confermarmele nell’animo».