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lunedì 2 giugno 2025

La Parola di Dio: l’idolatria del culto della violenza

L’episodio del “vitello d’oro” contenuto nel Libro dell’Esodo (cf,Es 32,4) risulta emblematico per affrontare una delle questioni più attuali circa il ‘pianeta adolescenza’ del nostro tempo ovvero l’ondata di violenza tra i giovani. Si assiste all’affermarsi tra i giovani di un vero e proprio ‘culto della violenza’, talvolta, feroce, gratuita e inspiegabile come il recente caso di cronaca in Campania della povera Martina di soli 14 anni, uccisa barbaramente dal suo fidanzatino per futili motivi. La Parola di Dio in ogni stagione della storia umana preserva intatta la sua perenne validità educativa come più volte ha affermato il celebre e compianto teologo Joseph Ratzinger:

«La Parola di Dio indica all’uomo i sentieri della vita e gli rivela i segreti della santità»[1].

La Parola di Dio è utile e attuale perché la coscienza di cui ogni essere umano è dotato necessita di essere ‘educata’, ‘formata, al fine di evitare il male e compiere, invece, il bene. Da un’attenta lettura dell’episodio del vitello d’oro si possono fare delle considerazioni: perché il popolo di Israele dopo aver sperimentato la potenza di Jahve e aver visto con i propri occhi il realizzarsi della liberazione dalla schiavitù egiziana avverte il bisogno della ribellione? Un gesto ingiustificato considerando i benefici di cui è stato reso oggetto dall’azione liberante e salvante divina. Una forma di ‘ingratitudine’ intrinseca che nonostante il bene ricevuto si ricambia con il male. Israele aveva vissuto l’ ‘assenza di Mosè’ come un abbandono e il bisogno di ‘tangibilità’ aveva preso il sopravvento: il popolo ha bisogno di una divinità (che come gli altri popoli) può vedere, toccare, controllare. L’idea di un Dio che si manifesta tra la trascendenza e l’immanenza spaventa e richiede il ‘sacrificio’ della fede. Allo stesso modo, alcuni giovani vivono paure e incertezze legate al futuro, sono attraversati da un senso di precarietà ed incertezza relativo alla mancanza di lavoro e alla mancanza di affetto da parte delle figure genitoriali. I giovani sono alla costante ricerca di un piacere immediato ma effimero: affermazione di sé sui social, pornografia, dipendenza dalle droghe e dall’alcol procurano in loro una soddisfazione passeggera ma che terminato l’effetto suscita in essi la sensazione un vortice simile al vuoto assoluto. Mancano figure di riferimento autorevoli per gli adolescenti del nostro tempo. Diversi giovani si rendono protagonisti di gesti di violenza efferata e gratuità nonostante- almeno qui in Occidente- la maggior parte di essi gode dei maggiori comfort. Si pensi alla subcultura delle gang, ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, al fatto che la società attuale sospinge sempre più giovani ed adulti al consumo impiantando la logica del: ”tutto e subito” e del “tutto mi è dovuto”. Stereotipi e canoni di bellezza dominanti incentrati esclusivamente sull'apparenza si ripercuotono poi negativamente su non pochi “giovani fragili" i quali vivono la frustrazione di non essere all’altezza. Sulla base di queste acquisizioni ci si chiede allora perché tanta violenza? Perché dinanzi ad una relazione che non ha più i presupposti per continuare rispondere con l’omicidio? Al fine di evitare generalizzazioni moraleggianti, va precisato che il mondo dell’adolescenza, come ha osservato Ammaniti, è caratterizzato da diversi paradossi. Pertanto, non tutti i giovani vivono questo tipo di dinamiche. Alcuni giovani, infatti, sono protagonisti del cambiamento sociale in atto e sono attivamente impegnati in progetti ed attività volti all’instaurazione della solidarietà, della giustizia sociale e dell’uguaglianza nonché della cura e la tutela per il Creato.

Non si può prescindere dal rilevare - come ad esempio - il sistema scolastico sempre più complesso insiste sul rendere i discenti degli esperti competenti del saper ‘fare’ tecnico ma troppo spesso trascura il fatto che la scuola deve poter insegnare ‘ad essere’, implementando nei discenti la dimensione dell’interiorità e della conoscenza del sé, allo scopo di fornire loro una visione globale e critica della realtà.

 “Cosa ci guadagno a conoscere la Divina Commedia di Dante Alighieri ”? A cosa mi serve nella vita?! “Ancora l’Ora di Religione? Non serve a nulla!”. Questi sono alcuni degli slogan più noti. Molti giovani vivono il ‘sogno’ di apprendere dalla scuola le competenze necessarie perché possano raggiungere il successo e conseguire la ricchezza materiale. Ciò, senza curarsi troppo della questione dell’etica ovvero dell’anima. Riscoprire il valore educativo e trasformativo delle discipline umanistiche costituisce un importante passo per poter con ‘sapienza’ contrastare il dilagare del culto della violenza tra i giovani. La letteratura italiana, la storia, l’educazione civica, il Diritto, la Religione Cattolica concorrono nelle scuole a fornire ai discenti un’adeguata formazione integrale della loro personalità. Ciò, al fine di rendere gli allievi e le allieve dei cittadini adulti, maturi e consapevoli. Tuttavia, se un genitore dice al figlio/a che alcune discipline deve affrontarle solo per proseguire gli studi ma che esse non gli consentiranno di ‘guadagnare’ è come predisporsi ad affrontare una battaglia di cui già si ha la certezza della sconfitta.

I genitori dovrebbero rivedere le loro posizioni culturali nei confronti di alcune discipline scolastiche anziché magari invocare l’istituzione di ‘nuove’ materie occorre che essi aiutano i loro figli a dare maggiore valore a quelle che già compongono i vari curricoli scolastici. Detto questo, il ‘tempo’ costituisce un altro tassello importante per la questione. Molti genitori, data la complessità della vita odierna, sono costretti ad orari di lavoro disumanizzanti e non hanno ‘tempo’ sufficiente per fermarsi coi propri figli, per coltivare con loro dialogo e ascolto, condivisione, sviluppare empatia. A ciò si aggiungono altri fattori non trascurabili come continui litigi tra genitori, incomprensioni, la piaga del divorzio, relazioni extraconiugali. Tali fattori, hanno un peso sul vissuto dei giovani, una profonda incidenza affettiva. Il mondo degli adulti ignora che certi stili di vita possono avere delle ripercussioni serie sul vissuto dei loro figli e invece la realtà dimostra il contrario! Le nuove forme di  disagio  giovanile sono delle conseguenze dipese dai comportamenti degli adulti.  La Parola di Dio ricorda che la convivenza civile è disciplinata da delle regole. La libertà autentica si fonda sul rispetto dell’altro. L’insegnamento delle Torah - ad esempio- “Non uccidere” insegna l’inestimabile valore e preziosità della vita umana. Sensibilizzare i giovani sull’importanza dell’etica rappresenta un’urgenza e una sfida per il contesto educativo odierno. Incrementare attività di sensibilizzazione sul tema della violenza, avvalendosi del contributo degli esperti, costituisce una priorità per la scuola di oggi. Tuttavia, come ha ricordato di recente anche Papa Leone XIV c’è bisogno di un' alleanza educativa all’interno della società tra tutti i componenti deputati all’educazione: Famiglia, Scuola, Chiesa devono e possono dialogare e insieme per ricercare una soluzione efficace e condivisa per affrontare le nuove emergenze educative che caratterizzano il contesto sociale attuale. Leone XIV ha indicato come metodo educativo, per attenuare l’espandersi e l’affermarsi tra i giovani della violenza e dell’aggressività, la non violenza. Si leggano le sue parole:

C’è troppa violenza nel mondo, c’è troppa violenza nelle nostre società. Di fronte alle guerre, al terrorismo, alla tratta di esseri umani, all’aggressività diffusa, i ragazzi e i giovani hanno bisogno di esperienze che educano alla cultura della vita, del dialogo, del rispetto reciproco. E prima di tutto hanno bisogno di testimoni di uno stile di vita diverso, nonviolento. Pertanto, dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, quando coloro che hanno subito ingiustizia e le vittime della violenza sanno resistere alla tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. La nonviolenza come metodo e come stile deve contraddistinguere le nostre decisioni, le nostre relazioni, le nostre azioni[…]. Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace.

Promuovere ‘istituzioni di pace’ significa aiutare i giovani a fare esperienza della forza trasformativa dell’amore. Pertanto, occorre che genitori, docenti e varie figure educative rappresentino per i giovani dei modelli di vita credibili. Testimoniare nel concreto che vivere la pace è possibile a partire dalle piccole realtà concernenti la vita quotidiana. Testimoniare che le relazioni sane, sia dal punto di vista familiare che sentimentali esistono e sono possibili.

Giuseppe Lubrino





[1] Cfr. Benedetto XVI, Pensieri sulla Parola di Dio, (a cura di L. Coco), Libreria Editrice Vaticana 2008, p.23.

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