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domenica 27 novembre 2022

Il segreto della felicità, di Romualdo Gambale

 "Il segreto della felicità", vademecum di Romualdo Gambale. Un nuovo volume della collana "Scenari", diretta da Pasquale Giustiniani

cappuccino p. Romualdo Gambale, teologo della morale e giudice nel Tribunale ecclesiastico campano

Le tragiche esperienze collegate alla pandemia da co vid-19 e alla guerra in Europa rischiano, tra l’altro, di farci spersonalizzare, isolare, chiudere in noi stessi..., fino a perdere di vista le ragioni profonde del nostro esistere e
sperare. Una nota canzone di Simona Molinari canta: «Non ricordo più che sapore ha la felicità/ perché senza te non so più cos’è la felicità/ non ricordo più che sapore ha la felicità!». Si rischia di far svanire persino il ricordo della felicità quando siamo, dalle vicende o da noi stessi, costretti a stare lontano da chi amiamo.


Se questo è vero per le relazioni tra persone e, come oggi sappiamo sempre meglio, per le relazioni uomo-ambiente, è vero al massimo in rapporto a Dio: «Tutti gli uomini cercano di essere felici, senza eccezioni; e tutti tendono a questo fine, sebbene diversi siano i mezzi che usano […]. La volontà non fa mai il più piccolo passo se
non in direzione di questo oggetto. Esso è il motivo di tutte le azioni di tutti gli uomini, finanche di quelli che s’impiccano» (Blaise Pascal, Pensieri, 425). Convinto che in tutti noi vi sia un naturale desiderium videndi Deum, spontaneo desiderio di raggiungere Dio come nostra somma felicità, il cappuccino p. Romualdo Gambale – teologo della morale e giudice nel Tribunale ecclesiastico campano – ci viene in aiuto. Nella valle del tempo, ci viene, quindi, offerto questo vademecum per ritrovare i giusti sentieri che ci riconducano sulla via della felicità (quella che gli Autori medievali, come Tommaso d’Aquino, denominavano beatitudo).
Gambale ci parla, in modo pratico e vero, della vera felicità... Un itinerario, piuttosto che una ricetta. Tutto da leggere d'un fiato.

domenica 13 novembre 2022

Greci, barbari o una via di mezzo?


Greci, barbari o una via di mezzo?

..discussione sulla lingua speciale dei cristiani nella polemica anti-cristiana di Porfirio...

Originatosi a Gerusalemme, in un non numerosissimo gruppo di donne e di uomini che seguono Gesù di Nazaret, quello che sarà denominato “il cristianesimo” diviene ben presto un tipo di fede che, anche grazie ai viaggi missionari di Paolo e dei suoi collaboratori, si diffonde nei punti vitali dell’Impero romano, sia in Oriente che in Occidente. Evidentemente, questa nuova fede comporta anche un modo di fare, un modo di vedere nuovo e, quindi, implica anche la creazione di una speciale “lingua” che, pur utilizzando le lingue antiche (l’ebraico, il greco e il latino), conferisce alle parole particolari risonanze, che risentono soprattutto dei libri sacri, ma anche dagli scambi culturali che singoli cristiani uomini di cultura (spesso divenuti vescovi).

Soltanto se riusciamo a ricostruire la plurisecolare vicenda di popoli che si confrontano, si mescolano, si combattono per rivendicare un’identità (che paradossalmente si ritroverà fusa in un unico governo del mondo proprio alla frontiera dell’antichità romana), sarà possibile anche tracciare i tanti percorsi seguiti da quelle parole con cui evochiamo ancora il diritto, la legge, la giustizia… Di conseguenza, non possiamo non tener conto anche del confronto, mescolanza, a volte combattimento, che avviene tra gli esponenti dei popoli che si sfidarono particolarmente sul piano religioso.

E arriviamo, così, al punto centrale del libro di Parisi. Una storia, questa della reviviscenza del divino Platone (come lo chiamano i Padri della Chiesa) negli ambienti medio e neoplatonici, che avrà un suo punto fermo in Plotino, il quale aveva soltanto ventotto anni quando entrò nel circolo di Ammonio Sacca ad Alessandria, la città filosofica (una seconda Atene) dove nasceranno, in parte insieme, in parte a seguire, una nuova forma di pitagorismo, il medioplatonismo, la filosofia mosaica di Filone l’ebreo e il neoplatonismo strettamente inteso, anche quello porfiriano.

Tra i successori di Plotino, Porfirio (232-inizio del IV d.C.) esaspera l’uso dell’allegorismo, per trovare profondi significati filosofici in Omero e nei platonici; accentua il vegetarianismo di Plotino, con una scrupolosità e purezza morbose, cerca di difendere il neoplatonismo dai furibondi attacchi del cristianesimo ortodosso, è molto interessato ai demoni, folla di spiriti intermedi tra dei ed uomini. Per questo Harnack, attraverso le citazioni dei Padri e degli Autori cristiani, ricostruisce, agli inizi del Novecento, un presunto, ma probabile libro Contro i cristiani, che sarebbe stato redatto appunto da Porfirio, dando luogo alla lunga schiera di Autori che i Padre denomineranno porfiriani, quasi un setta eretica. Il tema centrale del Contro i cristiani è appunto la lingua speciale che i cristiani che avrebbero creato per difendere le proprie dottrine, peraltro ritenute da Porfirio inferiori alla dottrina del divino Platone.

Rubettino, collana  ''tra storia e religioni'', condirettore Pasquale Giustiniani